Ama il cinema sin da bambino, da quando per la prima volta ha avuto tra le mani le storiche VHS. Ora Alex Scarpa è un giovane regista trentino che ha realizzato due cortometraggi: “Luce Spenta” e “Stakhanov”. Con quest’ultimo, oltre ad essere stato selezionato a vari festival in Italia e all’estero, parteciperà all’Italian Contemporary Film Festival in Canada. Scarpa ci parla della sua passione per il cinema e del suo ultimo lavoro.
In che modo ti sei avvicinato al mondo del cinema? Perché proprio la passione per i cortometraggi?
“Non so dire con precisione se sono stato io ad avvicinarmi al mondo del cinema o se è quest’ultimo che si è avvicinato a me in un modo che non riesco a ricordare in maniera razionale. Quello che so, è che ricordo ancora il brivido che ogni volta provavo quando da bambino tenevo in mano una nuova VHS: non mi importava quale film stessi per guardare, mi affascinava la magia che si creava e le storie impossibili da immaginare per un piccolo uomo che abitava in un paese di 1.200 abitanti in Trentino Alto Adige. Poi la passione e l’amore per la settima arte sono aumentati di pari passo, anche se non sono mai diventato realmente “produttivo” in quest’ambiente. In ogni caso questo desiderio era latente in me, come un fiammifero chiuso in una scatola e pronto ad accendersi al passaggio della prima scintilla.
Nella mia vita questa “scintilla” è stato l’incontro casuale nel 2014, all’età di 26 anni, con i registi di origine afghana Razi e Soheila Mohebi. Quest’ultimi sono arrivati a Trento nel 2007 come rifugiati politici e, prima di essere obbligati a scappare dalla loro terra natia, hanno ricevuto diversi riconoscimenti a livello internazionale e lavorato a molti film/progetti con artisti come Atiq Rahimi, Siddiq Barmak e Samira Makhmalbaf. L’incontro con una nuova ed affascinante cultura, la nascita di una grande amicizia e la possibilità di imparare molto da loro mi hanno fatto decidere di provare a percorrere questa strada e, dopo aver fatto alcuni esperimenti, ho realizzato il mio primo piccolo cortometraggio e ho collaborato a molti dei loro lavori in qualità di aiuto regista (Su tutti spicca “Cittadini del Nulla” di Razi Mohebi, premio Mutti 2014 per il miglior trattamento sul cinema migrante, consegnato nell’ambito della 71esima Mostra del Cinema di Venezia). Per quanto riguarda la passione per i cortometraggi, direi che non si tratta di una passione ma più che altro di una palestra di vita e di lavoro senza eguali. Essi portano con sé la nobile e stimolante sfida di dover raccontare una storia in maniera chiara ed incisiva in pochissimo tempo e inoltre costituiscono il passaggio naturale per raggiungere il sogno di ogni aspirante regista: il lungometraggio d’esordio”.
Parlaci del tuo ultimo lavoro. Di cosa parla e qual è il tema centrale di “Stakhanov”?
“Stakhanov può essere considerato come uno sguardo soggettivo ed onirico sulle relazioni tra gli individui e sulle dinamiche sociali della nostra società. Partendo dalla prima stesura di una sceneggiatura scritta da Ivan Pavlović, sceneggiatore principale del corto, entrambi abbiamo lavorato per creare un mondo di fantasia e pieno di regole imposte dall’esterno, con delle persone chiuse in una stanza e sedute ad un tavolo per tutto il giorno mentre costruiscono aeroplani di carta senza sosta, salvo per mangiare solo al suono di una campanella. Questo film, che fa dell’utilizzo della metafora un pregio ma pure una necessità, mi ha portato a riflettere su quanto l’alienazione e la paura dell’ignoto possano limare e plasmare le peculiarità, i sogni, il carattere e le capacità di valutazione e relazionali di un essere umano. Parlando dell’ambito relazionale, il cortometraggio evidenzia come la mancanza di dialogo ed empatia tra le persone possano creare dei problemi davvero gravi per la nostra società. Non voglio fare della retorica spiccia, ma basti pensare ad un tram ai giorni nostri dove le persone invece che parlare tra loro e relazionarsi, fissano alienati lo schermo del telefonino creando una sorta di “solitudine di massa” per mezzo di un intrattenimento senza sosta che è quanto di più spaventoso la nostra epoca stia producendo. Come si vede nel film, ma anche come dovrebbe essere nella vita secondo il mio parere, credo che agire “fuori dal coro” cercando un contatto vero e sincero con gli altri essere umani, possa essere una soluzione verso un mondo più inclusivo ed aperto a tutti. Sta a noi diventare più furbi e riappropriarci della libertà di non avere paura del prossimo a priori e di sentirci di nuovo parte di una collettività reale e non virtuale”.
A breve partirai per il Canada per presentare “Stakhanov” all’Italian Contemporary Film Festival. Cosa ti aspetti da questa grande manifestazione?
“Prima di andare ad ogni festival o manifestazione, quello che mi aspetto è di creare più relazioni possibili con persone nuove da ogni parte del mondo. Ovviamente poi se il film viene apprezzato da pubblico, critica o giuria questa è sempre una soddisfazione molto piacevole per chi come me ci mette l’anima in quest’attività. “Stakhanov” ha appena iniziato il suo giro nei festival e fino ad ora è stato selezionato a 6 manifestazioni tra Italia ed estero. A breve parteciperò all’Italian Contemporary Film Festival che si tiene ogni anno nelle città di Toronto, Vaughan, Hamilton, Niagara City, Québec City, Montreal e Vancouver. L’obiettivo della rassegna è di portare dall’altra parte dell’Oceano Atlantico una selezione delle ultime produzioni del cinema italiano, dai cortometraggi ai lungometraggi. Nel mio caso specifico, sono molto orgoglioso di far parte con “Stakhanov” dei 24 corti selezionati per questa manifestazione: la mia proiezione si terrà il 20 giugno 2018 alle ore 18.15 al Cineplex Cinema Vaughan”.
Credi che attualmente sia difficile per i nuovi emergenti entrare nel mondo cinematografico?
“Questa domanda, in qualità di emergente, mi viene posta molte volte e la risposta più rapida, concisa e che mi viene senza esitare è: si. Il cinema, come ogni altro settore che offre pochi posti e fa sognare molti, è un mondo molto complicato in cui entrare. Bisogna essere caparbi, avere talento, essere fortunati e non è detto che l’unione di tutti questi fattori possa bastare. Per aiutare gli emergenti, che spesso sono coloro che realizzano cortometraggi per prepararsi un giorno all’eventualità di girare un lungometraggio, bisognerebbe dar loro spazio, creare un mercato che possa far emergere questo mondo pieno di belle sorprese. Personalmente, mi piacerebbe moltissimo poter vedere dei corti al cinema o in televisione. Questa possibilità potrebbe essere una via innovativa per l’Italia (all’estero è una strada già percorsa) per trovare nuovi autori e soprattutto per creare un nuovo mercato e di conseguenza aumentare il lavoro per tutte le figure necessarie al processo creativo e tecnico della creazione di un film”.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
“Attualmente sono al lavoro su una nuova storia con Ivan Pavlović, finalista all’ultima edizione del SeriesLab Italia del Torino FilmLab che nella sua carriera ha lavorato con James Hart e con Wiktor Piatkowski, il creatore della prima serie HBO polacca “Wataha”. Per ora non voglio dire molto riguardo a questo nuovo progetto se non che, partendo da una mia idea iniziale, stiamo lavorando ad un racconto che avrà come tema centrale l’amore, abbandonando però le ambientazioni oniriche e di fantasia che hanno caratterizzato la storia del nostro precedente cortometraggio per abbracciare un mondo più vicino alla realtà e alla vita quotidiana di tutti noi. Un’altra notizia che posso dare riguardo a questo mio nuovo progetto è che il cortometraggio verrà prodotto dalla Vangard Film, casa di produzione romana fondata da Elisa Possenti, regista pluri-selezionata e pluri-premiata di “AXIoMA”, e dal regista Rodolfo Gusmeroli”.
Eugenia Giannone 18/06/2018