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Alcuni piccoli film, il mio feuilleton in musica: Recensito incontra Gerardo Casiello

“L’emozione è il vero centro di gravità della rappresentazione” (Gerardo Casiello, Lo Spettacolo)

Amante della letteratura, divoratore di musica, avvezzo alla riflessione che manifesta tramite scrittura in musica. Dal 6 ottobre scorso Gerardo Casiello ha iniziato a pubblicare il suo romanzo d'appendice in note sulla rivista 2.0 Youtube: “Alcuni piccoli film”, titolo del suo secondo (autoprodotto) progetto discografico, è un album a puntate che racconta la giornata tipo di una persona, dall'oro in bocca del mattino fino alle suggestioni oniriche della notte. Un concept condito non solo da testi vivaci e delicati ma anche da una variegata componente strumentale, elementi uniti in un mix coinvolgente di generi – dal jazz al blues, dallo swing alle ballate popolari – parole, note, e immagini. Già, è questa la caratteristica principale alla quale il titolo allude: gli undici brani che compongono l'album sono raccontati tramite “piccoli film”, clip illustrate da pregiati disegnatori, da Riccardo Mannelli a Laura Scarpa, fino a Bambi Kramer e Zerocalcare. Un modo ingegnoso di manifestare visivamente ciò che nella canzone in realtà già c'è, ma non si vede: l'evocazione di immagini attraverso la commistione di parole e note. Noi di Recensito lo abbiamo incontrato poco prima di Natale per parlare della sua filosofia, dei suoi modelli e di ciò che conta per far nascere una canzone: la verità.

Hai scelto di pubblicare il disco “Alcuni piccoli film” con cadenza settimanale su Youtube, come se fosse un romanzo d’appendice. Da cosa deriva questa scelta?
“Mi piaceva l'idea di fare come Proust con La ricerca del tempo perduto, o come Kafka, di dare un'idea di continuità a una cosa che comunque ha un corpo unico. Con le uscite settimanali è come se ci fosse un work-in-progress che si ricompone. Mi piacciono molto le collane che escono in edicola, le discografie o i volumi, mi piace l'idea di una cosa che si srotola nel tempo. Essendo un disco autoprodotto (sorride, ndr), sono stato libero di farlo”.

Nel disco non fai altro che manifestare visivamente ciò che in realtà sarebbe già insito nella canzone, l’evocazione di immagini attraverso la commistione di parole e note. Com’è nato questo progetto?
“È nato prima il disco, che come ho detto mi sono interamente autoprodotto per scelta artistica. Ho avuto rapporti con discografici di un certo livello interessati al lavoro, ma la loro visione non combaciava con la mia, snaturava troppo il progetto. Ne ho sentiti due e alla fine ho deciso di autoprodurmi. L'idea di pubblicarlo a puntate e di associare delle immagini è arrivata quando una sera, avendo i primi pronti ascolti, ho buttato giù una scaletta ipotetica e mi sono reso conto che avevo fatto un concept album sulla giornata tipo di una persona, mi sono fatto il mio piccolo film; lì è nata l'idea di produrre 11 clip video che accompagnassero le canzoni, realizzate insieme a Giuseppe Giannattasio, regista e modellatore 3d, e ai contributi importanti di professionisti di cui sono amico: Riccardo Mannelli, Laura Scarpa, Pierdomenico Sirianni, Amedeo Nicodemo, Bambi Kramer, Stefano Argentero e Zerocalcare, che ha dato un piccolo contributo per una canzone (Una foglia, ndr)”.

Nel tuo disco c'è di tutto: tradizione popolare, musica d’autore, ma anche una corposa e variegata componente strumentale. Quali sono i modelli di Gerardo Casiello?
“Sono un musicofilo incallito, ascolto di tutto, sono consumatore bulimico di musica classica ma spazio moltissimo dal rock al progressive, fino al jazz e al blues. Nel mio percorso artistico ho suonato vari generi. Diciamo che questo disco è la fotografia di quello che sono io adesso: non c'è uno stile preciso, ci sono vari sapori e atmosfere, da quella più barocca con voce e quartetto d'archi a quella più swing o jazz. Sono ballate che fanno parte del mio immaginario. Se dobbiamo dire cosa si ritrova allora diciamo le atmosfere di Paolo Conte, i sapori francesi alla Gilbert Bécaud, Aznavour fino alle influenze sudamericane caraibiche di un certo Harry Belafonte. Il tutto filtrato dal mio punto di vista”.

Questo disco fotografa quello che sei tu oggi ma prima c'è “Contrada Casiello”, una fotografia della tradizione popolare da cui tu provieni. C'è uno stacco – sia “filosofico” che narrativo – tra i due dischi?
“Essendo Contrada Casiello il mio disco d'esordio, a livello narrativo parte dalle atmosfere di un piccolo paese di provincia – Contrada Casiello che esiste realmente – vicino Benevento. Sono storie in cui si ritrovano il matto del paese, la prostituta e via dicendo. È la partenza di Gerardo Casiello verso una dimensione più metropolitana. Alcuni piccoli film è invece un disco meno narrativo ma un po' più introspettivo. È Gerardo Casiello dentro la metropoli – vivo a Roma – che guarda e osserva il mondo dal buco della serratura. Anche a livello filosofico, mentre il primo disco è più didascalico questo è un po' più impressionista, mi piace in questa fase artistica dare delle impressioni di ciò che succede nella quotidianità e restituirle in musica. Mi sono concentrato di più sulla parte musicale e infatti ci sono arrangiamenti più articolati, curati da Tommaso Vittorini che ha lavorato con Conte, Capossela e tanti altri. Lo trovo un disco più maturo".

Il disco è anche una chicca dal punto di vista della tecnica di resa dell’immagine, dato che le clip sono state realizzate utilizzando diverse tecniche cinematografiche. Come ti ci sei relazionato?
“Si parte dal presupposto che oggi, con i mezzi che abbiamo, ormai la musica è imprescindibile dall'immagine e viceversa, tanto che la grande massa fruisce la musica attraverso Youtube. Quindi ho pensato 'perché non sfruttare un mezzo così eclettico quale quello del contenitore video per veicolare un prodotto artistico che fosse una commistione tra musica e immagine?'. In realtà ho dato carta bianca agli illustratori, che hanno interpretato secondo il loro linguaggio i brani, non disdegnando le tecniche digitali. Ieri è uscito il brano “Tanto per”, che non è illustrato da un disegnatore ma è un video che si avvalso delle tecniche e dei filtri digitali: ho girato con la go pro in fronte (sorride, ndr) e ho ripreso la mia giornata tipo. I filtri vengono disdegnati da tanti artisti perché ritenuti freddi, invece secondo me non è così, perché alla fine è il risultato che conta: pur utilizzando tecniche digitali si può fare un prodotto artistico che renda l'idea iniziale. “Una foglia”, ad esempio, è tutto girato in time-lapse, dove il mondo va velocissimo e al contrario mentre io vado lentamente (ride, ndr) nella direzione opposta. Poi c'è un brano che deve ancora uscire, “Due amanti”, che è un viaggio a Parigi attraverso fotografie rese come se si fosse in un quadro impressionista. Ritorna sempre l'impressionismo (ride, ndr): nel testo di “La mia verità” io parlo proprio di Renoir e di quell'immaginario lì”.

Quindi c'è un sostrato anche pittorico, se vogliamo, nel disco.
"Sì, certo".

Ecco, hai parlato della tua giornata tipo. L'onesta e la verità di una storia bastano per far nascere una canzone? Non c'è bisogno forse del grande tema o del grande personaggio per scriverne una.
“In questa fase della mia vita penso che bisogna essere onesti prima di tutto con se stessi e poi verso gli altri, perché i mezzi di comunicazione – Facebook Instagram e via dicendo – sono veicoli potentissimi ma anche pericolosi. Ad esempio il sabato sera vedo tante persone che sono più concentrate a farsi fotografie per postarle piuttosto che passare una serata chiacchierando, confrontandosi e divertendosi in modo leggero. Quindi ci sono proprio delle proiezioni di cosa si vorrebbe essere nella vita, si vuole solo apparire. Ritornando alla questione della verità, io dico “La mia verità è un orologio che gira piano, è un incantesimo fatto a mano”: rallentiamo un poco, guardiamoci intorno e rimettiamoci in discussione. Serve più naturalezza, più trasparenza. Serve fermarsi un po' più sulle cose non solo in superficie ma in profondità”.

Curiosità personale: Niccolò Fabi una volta ha detto che per far scattare il processo creativo è necessario un “accidente” di qualche tipo. Ecco, la letteratura è mai stato un “accidente” che ti è servito qualche volta per scrivere una canzone?
"Sempre. Io leggo parecchio, sia la narrativa che la poesia sono onnipresenti nella mia produzione. Lilli Greco, grandissimo produttore della RCA, scopritore e curatore di Jimmy Fontana, Patti Pravo, Avion Travel, De Gregori e Venditti mi diceva 'Quello dell'autore è un mestiere durissimo, perché devi studiare, devi leggere e ti devi documentare'. Ed è vero: a me è capitato proprio di scrivere un brano, “Le temps retrouvé”, “Il tempo ritrovato”, dove ho preso dei brani dalla Ricerca del tempo perduto integrandoli con cose mie, raccontando me stesso attraverso le parole di Proust. Quindi sì, la letteratura è fondamentale in questo mestiere”.

Ultima domanda: dove andrà adesso “Alcuni piccoli film”? Hai progettato un tour?
"Ci sarà un tour che partirà a fine febbraio. In questi giorni stiamo definendo una data di presentazione live a Roma, si tratterà di un concerto-spettacolo in quanto ci saranno anche le proiezioni dei 'piccoli film', un video mapping con i disegnatori che illustreranno in tempo reale. Lo spettatore è parte integrante dello spettacolo: i primi 10 minuti saranno interamente al buio. È un esperimento che ho già fatto nello studio fotografico di Antonio Barrella: i primi 10 minuti saranno inframezzati dai flash delle macchine fotografiche, che ruberanno un po' l'espressione autentica e incondizionata dell'ascoltatore. Sarà uno spettacolo interattivo".

Daniele Sidonio 26/12/2015