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Recensito incontra Adriano Pantaleo: attore in scena con "Il Sindaco del Rione Sanità" secondo Mario Martone

È in scena al Teatro Argentina di Roma, dal 17 al 29 aprile, "Il sindaco del Rione Sanità" di Eduardo De Filippo, per la regia di Mario Martone. Adriano Pantaleo, interprete di Catiello - braccio destro del boss Antonio Barracane - ci parla del rapporto tra il testo di De Filippo e la regia del M° Martone, dell’esperienza sotto la direzione del regista e di come sia cambiato oggi il panorama malavitoso, soffermandosi sull’attualità di un’opera scritta nel 1960. Pantaleo è inoltre uno dei fondatori del NEST - Napoli Est Teatro, nato dieci anni fa nel quartiere San Giovanni di Napoli con finalità sociali.

Questa è la sua prima collaborazione con il M° Martone, iniziata nel 2016 con la prima edizione de Il Sindaco del rione Sanità. Come è stato lavorare con lui?08_Il-sindaco-del-rione-Sanità_ph-Mario-Spada_DSCF9003.jpg
“È stata un’esperienza formativa importantissima, esperienza che auguro a ogni attore. Un momento di crescita che va ben oltre lo spettacolo, perché Martone, oltre ad essere uno straordinario regista teatrale e cinematografico, è anche un grande intellettuale e oggi avere l’opportunità di confrontarsi con una tale personalità nel nostro Paese è un privilegio. Avere avuto la possibilità di vedere come Mario ha affrontato per la prima volta un testo di Eduardo De Filippo, attraverso un’analisi profonda delle dinamiche drammaturgiche, delle relazioni tra personaggi, del macrotesto eduardiano è una cosa che porterò con me per sempre.”

Quali modifiche sono state apportate al testo originale? Come si spiega la scelta di trasformare il personaggio di Antonio, che nell’opera di De Filippo è un boss ormai anziano, in un uomo molto più giovane interpretato da Francesco di Leva?
“Il testo non è cambiato se non per alcuni tagli, dunque, non si tratta di un adattamento né di una riscrittura. Sono state modificate pochissime parole, talvolta per fattori che oggi suonerebbero anacronistici. Per esempio, nell’originale quando Antonio chiede alla moglie Armida cosa fosse andata a fare prima di essere stata morsa dal cane, la donna dice di essere andata a prendere delle uova nel pollaio, mentre nella nostra versione sostiene di essere uscita per recuperare il telefono in auto. La grande scommessa è stata dunque quella di usare le stesse parole scritte negli anni sessanta, facendole sembrare ancora attuali. Questa operazione è stata possibile grazie all’abbassamento anagrafico, un’idea venuta in mente a noi del NEST, quando anni fa assistemmo a una replica de Il sindaco del rione Sanità, per la regia di Marco Sciaccaluga. Sentivamo che il testo originale funzionava ancora ma che mancava qualcosa. Così abbiamo abbassato l’età dei personaggi per far risultare l’opera più contemporanea, considerando che oggi un boss di sessant’anni non esiste più, perché ormai a quell’età o si è in galera da più di vent’anni o si è già morti. Abbiamo proposto l’idea a Martone che ha subito sposato questa soluzione, impostando una riflessione su come il crimine sia cambiato in questi anni. Ci piace pensare che lo spartito sia rimasto lo stesso, solo che Eduardo suonava musica classica, mentre noi facciamo rap.”

Che cosa ci può dire di Catiello, il suo personaggio?
“Nell’originale, Catiello è il governante della tenuta estiva di Antonio Barracane e sparisce dopo le prime due scene. Avendo effettuato una riduzione dell’età che ha investito anche i figli di Antonio, è venuto a mancare un elemento famigliare che potesse assolvere a ruolo di braccio destro del boss. Perciò Catiello si trasforma in un personaggio che vive con la famiglia, ne fa parte come uno zio, senza però avere alcun legame di sangue con Antonio, come le varie figure che nella realtà accompagnano i boss malavitosi, persone che vivono in intimità con loro e di cui spesso non si conosce nemmeno la provenienza. Per questo Catiello, pur parlando poco, è sempre in scena ed è stato importante lavorare su questi elementi per l’importanza che abbiamo voluto dare al concetto di famiglia, inteso in ogni senso.”

pantaleo.jpgIl testo ha un impatto di denuncia notevole, ed è sorprendente pensare che sia stato scritto nel 1960, in un’epoca ancora lontana dalla sensibilità a cui ci ha abituato la cronaca insieme a prodotti come Gomorra e Romanzo criminale. Lei stesso, nel 2008, ha recitato nell’adattamento per il teatro di Gomorra per la regia di Mario Gelardi. Crede che il teatro si dimostri più efficace nel sensibilizzare il pubblico?
“Non credo, ma senza dubbio certi fenomeni di enfatizzazione, per esempio nella costruzione del personaggio di un boss malavitoso, sono più frequenti al cinema. Il teatro corre meno questo pericolo. Per il resto non credo ci sia una grossa differenza. Penso invece che Gomorra sia un fenomeno che esiste da sempre, perché c’è una parte della società e della città che chiede di essere raccontata. Senz’altro Gomorra ha creato un genere ed è una cosa positiva pensare che l’Italia possa esportare un prodotto seriale in oltre cento paesi. Per questo motivo, oggi uno spettatore può assistere a Il sindaco del rione Sanità pensando a questo genere di prodotti, nonostante ci siano molte differenze rispetto all’opera di Eduardo. Dunque, non ci siamo lasciati influenzare dal gomorrismo, che è un fenomeno che trova le proprie ragioni in ciò che è sempre accaduto.”

Inoltre, il testo di De Filippo - al di là degli aspetti più sociali - è intriso di quella consapevolezza tragica dell’esistenza centrale nelle opere del drammaturgo.
“Esatto. Eduardo è un grande drammaturgo anche perché capace di toccare temi universali che possono essere trasportati nello spazio e nel tempo. Noi non abbiamo fatto altro che esaltare questa cosa. Un testo scritto nel 1960 sembra scritto ieri.”

Insieme a Francesco di Leva, lei fa parte della compagnia NEST - Napoli Est Teatro, di cui è uno dei fondatori e Vice Presidente, una realtà radicata nel territorio napoletano, attenta alle problematiche della periferia e all’attualità. Cosa significa per lei questa esperienza? Qual è il rapporto tra questa realtà teatrale e la città?
“Dopo l’esperienza teatrale di Gomorra abbiamo deciso di proseguire il nostro lavoro provando a incidere in maniera sociale sulla nostra città. È nata così l’idea di fare un teatro che potesse sollecitare quanti più giovani fosse possibile. Nella periferia est di Napoli, da cui proviene Francesco di Leva insieme a Giuseppe Miale di Mauro - il quale è uno dei fondatori nonché nostro regista - circa dieci anni fa abbiamo occupato questa palestra abbandonata, salvandola dal degrado, grazie anche all’aiuto dell’Associazione Gioco Immagine e Parole che lavora sul territorio. Abbiamo costruito un vero e proprio teatro, con un impianto tecnico, camerini, una sala da cento posti, un teatro che è diventato non solo il fiore all’occhiello del quartiere di S. Giovanni ma in un certo senso anche di tutta Napoli. In seguito abbiamo invitato artisti e amici, tra cui Emma Dante, Tony Servillo, Valerio Binasco, Sergio Rubini, Eugenio Barba, lo stesso Mario Martone, solo per fare qualche nome. L’obiettivo era dunque quello di portare in periferia la bellezza dell’arte come alternativa alle brutture che i ragazzi sono costretti a vedere quotidianamente, permettendogli di scoprire qualcosa che altrimenti non scoprirebbero mai e di trasformare in positivo il territorio.”

Riccardo Bellini 26/04/2018

Leggi la recensione dello spettacolo: https://www.recensito.net/teatro/il-sindaco-del-rione-sanit%C3%A0-de-filippo-martone-nest-recensione.html

Leggi l'intervista a Francesco Di Leva: https://www.recensito.net/rubriche/interviste/francesco-di-leva-il-sindaco-del-rione-sanit%C3%A0-martone.html

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