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L’ottimismo a tavola contro la crisi economica: le ricette de La Cucina Futurista

Pensate che la cucina molecolare e le pillole capaci di sostituire i pasti siano il cibo del futuro?
In realtà era stato tutto teorizzato quasi cento anni fa dal Movimento Futurista, che nel clima di totale rinnovamento e rottura con il passato non aveva trascurato un aspetto così importante per la cultura italiana: la cucina.
Il Manifesto della cucina futurista, pubblicato sulla Gazzetta del Popolo di Torino nel 1930, aveva lo scopo di modificare radicalmente il modo di alimentarsi degli italiani e, come tutte le rivoluzioni, bersagliava il vero e proprio centro della gastronomia nostrana, la pastasciutta, definita “assurda religione gastronomica italiana”. L’alimento “amidaceo”, secondo Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento, affievoliva lo spirito vivace e intuitivo degli italiani. Carente di sostanze nutritive al pari della carne, del pesce e dei legumi, la pastasciutta “lega con i suoi grovigli gli italiani di oggi al lento telaio di Penelope e ai sonnolenti velieri”, la sua abolizione dalle tavole italiane avrebbe favorito la produzione del riso, la creatività e l’ingegno degli italiani. Anche la chimica avrebbe dovuto aiutare la cucina italiana, creando delle pillole capaci di sostituire del tutto i pasti, abbassando il prezzo della vita e soprattutto le ore di lavoro.
Il Manifesto proponeva l’utilizzo di strumenti scientifici in cucina, non trascurava l’estetica e il galateo dello stare a tavola: erano abolite le posate, i discorsi politici e l’eloquenza. Mangiare diventava un’esperienza sensoriale e artistica, i piatti dovevano contenete tanti sapori e avrebbero avuto la stessa funzione che le immagini hanno nella letteratura, un assaggio poteva riassumere “un’intera zona di vita, una passione amorosa o un viaggio in oriente”.
Marinetti e Luigi Colombo, detto Fillìa, pubblicarono nel 1932 “La Cucina Futurista”, un vero e proprio manuale con 172 ricette in versi, dove il cibo si trasforma in parola e la parola in opera d’arte, con suggerimenti per imbandire banchetti , per sostenere l’importanza dell’alimentazione sulle capacità creatrici e fecondatrici degli italiani. “Nasce con noi futuristi la prima cucina umana, cioè l’arte di alimentarsi. Come tutte le arti, essa esclude il plagio ed esige l’originalità creativa. Non a caso quest’opera viene pubblicata nella crisi economica mondiale di cui appare imprecisabile lo sviluppo, ma precisabile il pericoloso panico deprimente. A questo panico noi opponiamo una cucina futurista, cioè l’ottimismo a tavola”.
In quegli anni nacque anche il primo ristorante futurista a Torino, La taverna del Santo Palato, dove era possibile degustare Carneplastico, Antipasto Virile, Brodo solare, con 30 menù realizzati a mano da alcuni dei maggiori artisti del movimento marinettiano, Depero, Fillìa, Ugo Pozzo, Prampolini e Balla.

Gerarda Pinto 31/05/2016