Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 705

Print this page

Uomini circondati da donne libere sono più liberi: il padre di Malala presenta a PordenoneLegge "Libera di volare"

ufficio stampa ufficio stampa pordenonelegge

La prima giornata di PordenoneLegge, il Festival del libro con gli autori, giunto alla ventesima edizione, ha ospitato Ziauddin Yousafzai. Attivista, educatore e consigliere speciale per l’istruzione delle Nazioni Unite, che, insieme a sua figlia, Malala, il più giovane premio Nobel per la Pace, si è battuto per l’istruzione femminile in Pakistan, lottando prima contro il patriarcato tradizionale e poi con i talebani, fautori di politiche estremiste e repressive nei confronti delle donne.

"Libera di volare", pubblicato da Garzanti, presentato nella mattina di mercoledì 18 settembre, può essere letto come la biografia di una famiglia e del suo accogliere una concezione egualitaria in una società patriarcale. Yousafzai, docente e direttore scolastico, è un uomo concreto, sorride, guarda dritto negli occhi chiunque gli ponga una domanda: si ripete, ma per la passione e il sentimento che lo muovono, e fa sempre riferimento alla sua esperienza personale. Cresciuto con cinque sorelle, vedeva che in casa a ricevere la panna sul tè erano solo i maschi, e se per lui i genitori serbavano sogni straordinari, per le sue sorelle si limitavano ad augurarsi il miglior matrimonio possibile, quanto prima. Yousafzai, chiamando sua figlia Malala, come la leggendaria guerriera Afghana, e inserendo il suo nome nell’albero genealogico della sua famiglia, dominato esclusivamente da nomi maschili, non solo ha agito controcorrente, ma ha anche compiuto il suo primo atto femminista, prima ancora di sapere cosa fosse il femminismo. Ha raccontato che alle donne pakistane è chiesto di non lasciare traccia al mondo di sé, un’azione che Yousafzai ha definito “un atto contro l’umanità”. Quella società vede le donne come figlie di, mogli di: anche dal medico, ha sottolineato, le donne non scrivono il proprio nome sulle cartelle cliniche, ma si presentano come figlie o mogli di qualcuno. Parlando di politica, Yousafzai ha anche espresso la necessità di attuare con il governo afghano negoziati di pace, purché mossi da uno spirito democratico, che assicuri diritti alle donne: qualsiasi cedimento alla richieste talebane, secondo lui, porterebbe soltanto ad un’ennesima talebanizzazione. Nell’emancipazione femminile e nella difesa dei diritti delle donne Yousafzai riconosce il ruolo fondamentale dell’uomo; studiando e ascoltando le parole dei grandi, ha raccontato di aver compreso, non solo l’importanza dell’uguaglianza e della democratizzazione, ma anche l’infinita possibilità di un uomo di essere più libero in una società di donne libere. L’autore ha definito una malattia mentale quell’idea per cui la liberazione femminile finirebbe per coincidere con un danno per l’uomo. A voler essere pratici, e Ziauddin Yousafzai lo è sempre quando parla, secondo i dati raccolti da alcune associazioni, tra cui il Malala Fund, nel mondo le donne che non vanno a scuola sarebbero 130 milioni: se tutte queste avessero la possibilità di ricevere istruzione, il mondo ne guadagnerebbe in termini economici. La libertà di un uomo circondato da donne libere, in questa nuvolosa prima giornata di festival, si è misurata in queste parole, pronunciate al termine dell’incontro con i giornalisti: “sono orgoglioso che oggi tutti mi conoscano come il padre di Malala, non è per nessuno la figlia di”.

 

Laura Caccavale, 18/09/2019