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Signorotte: ombre rosa nella tragicommedia di Massimo Odierna

Tre donne, tre esistenze, un funerale che è detonatore per l’eco torrenziale di memorie sopite, di tempi lontani.
E’ nell’ambigua alternanza fra passato e presente che si sviluppa “Signorotte”, pièce in scena fra il 2 e il 5 Maggio allo Spazio 18b di Roma che, dopo “Toy Boy” e “Posso lasciare il mio spazzolino da te”, si afferma come capitolo conclusivo di Disalogy - La trilogia del disagio, di Massimo Odierna.
Partendo dal presupposto di non fornire risposte ma di stimolare domande, la tragicommedia fa della contraddizione uno stimolo di riflessione che, nell’altisonanza di caratteri e voci si propone di dar forma alle nevrosi, ai malesseri che, trasversali, accompagnano l’umana visione del mondo.
Nel flusso d’un’ironia amara, ci predisponiamo all’ascolto di storie divergenti eppure capaci di confluire nella medesima urgenza di ripercorrere le proprie zone d’ombra: se Ida (Viviana Altieri) si aggrappa ad una mistica ricerca spirituale per elaborare il proprio lutto, ritroviamo in Beta (Elisabetta Mandalari) l’inevitabile pragmatismo della vita di periferia, in Ada (Sara Putignano) l’imperitura ricerca di un’arte che possa rappresentarla.
Dal disagio alla malinconia, dalla malinconia al cinismo, all’esasperazione del sentire; nel confluire di ricordi frammentari va lentamente a costituirsi un affresco compatto che incorpora in se il paradosso, la fobia, il grottesco.
Laddove le tre amiche si confrontano con l’irriducibile necessità di trovare un posto nel mondo, la tragicommedia si appresta ad essere luogo dove la realtà, sebbene in maniera alterata, possa rispecchiarsi attraverso contaminazioni, reazioni inattese, cose fuori posto.
Nella scelta di una drammaturgia scarna, sviluppata nella povertà di mezzi e nella mirata scelta di spazi alternativi, si vanno a creare le premesse per un contrasto forse ancora più esacerbato e spiazzante capace di restituire i micro-drammi alla base della paralisi connaturata a questo tempo.

Giorgia Leuratti