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Ricettario/Lato B: un evento che nutre l'anima.

Play with Food – La scena del ciboè, in Italia, il primo festival di teatro e arti performative completamente incentrato sull'arte culinaria, nato nel 2010 e creato da Davide Barbato e Chiara Cardea. Il progetto nasce come piattaforma artistica multidisciplinare, che unisce il cibo a diverse forme d'arte e che lega gli attori in scena al pubblico, che diventa anch'esso parte dello spettacolo.

In attesa della prossima edizione dal vivo, che si terrà dal 29 settembre al 4 ottobre a Torino, Play with Food decide di accorciare le distanze con il suo pubblico e concedere un'esperienza virtuale gratuita nella giornata del 26 aprile, che verrà replicata il 27 aprile, avendo registrato un inatteso e molto gradito sold out.

In queste due giornate, il programma propone una storica performance one-to-one di Chiara Vallini, Ricettario/Lato B, creata nel 2012, e già presentata in diverse occasioni, tra cui al Kilowatt Festival, al BLV Art Bilbao, al Mantova Food & Science Festival, al Festival Ouverture, alla Rassegna Luoghi in Comune, Coltivare Cultura.

La Vallini è un'attrice e performer, che dal 2004 lavora in ambito artistico e teatrale come interprete e autrice, che ha deciso di allontanarsi dalle sale convenzionali per cercare nuovi luoghi di contatto con il pubblico, proprio come quello del web.

La perfomance parte dalla realtà quotidiana della cucina, di quel rituale che soprattutto noi italiani amiamo molto, per portarci in un mondo onirico, dove il distacco dalla concretezza ci mette a contatto con le nostre emozioni più profonde.

Come è possibile? Ve lo spiego attraverso la mia esperienza.

Per partecipare mi prenoto con una semplice email, poi, munita di pc, cuffiette e molta curiosità, mi collego alla piattaforma Zoom ed entro nella sala d'attesa dell'organizzazione. Si nota da subito la cura nei confronti del cliente, forse più che in molti ristoranti veri e propri, perchè non vengo lasciata sola, ma vengo accompagnata da alcune righe sullo schermo, in cui viene descritta l'esperienza che intraprenderò di lì a poco, e la vita dell'artista, con cui sarò protagonista di questo strano viaggio nel mondo del cibo. Preciso che il termine strano ha l'accezione di inconsueto, singolare, tutt'altro che negativo.

Dopo pochi minuti di attesa, ci si trova di fronte alla Vallini, vestita da cuoca e con quel poco trucco bianco sul volto che evoca le maschere del teatro antico. Sarà lei a guidarmi in questo viaggio tra cibo e allegoria. Una donna dal sorriso malinconico, che sembra abbracciarci come se fossimo vecchi amici invitati a cena a casa sua. Lo spettatore può scegliere fra tre pietanze scritte su una lavagnetta, la mia scelta ricade sulla voce "palline".

Cosa mi sarei aspettata? Che la cuoca cucinasse delle palline di carne o pesce o di verdure davanti a me, e invece...sorpresa! Il teatro prende il sopravvento sulla cucina, l'artista sulla, solo apparente, cuoca e mi ritrovo a vivere un'esperienza più che per lo stomaco, per l'anima.

Una voce dal fondo descrive la scena con tono mistico, angosciante, l'artista inizia a disporre delle palline di pasta, una dopo l'altra, su un letto di farina. Le palline, come nella favola 'Pollicino', sono quelle tracce che servono per non perdersi, per ritrovare la strada percorsa. Poi, improvvisamente, le palline restanti nella ciotola, che la cuoca tiene tra le mani, cadono in ordine sparso. Lei è smarrita, confusa, poi mi guarda, sorride, e mi saluta.
Ognuno di noi può dare a questo spettacolo il significato che è più vicino alla propria esperienza di vita, perchè questo tipo di teatro ti entra dentro, ti tira fuori emozioni che credevi perdute, senza lasciare spazio al ragionamento. Solo 5 minuti in cui si entra in un sogno e sembra di uscirne cambiati.
In questo meraviglioso e complesso viaggio che è la vita piacerebbe a tutti noi avere delle certezze, quelle palline che rappresentano una strada continua, senza deviazioni.
Ma la vita dell'uomo non è così, non è mai lineare, senza macchia, senza lacrime o delusioni; si cade, si perdono le palline, il filo della nostra esistenza, e ci si può trovare spaesati come la nostra cuoca, e dopo? Dopo ci si rialza, quasi sempre.

Noi siamo proprio come l'artista, dopo il senso di smarrimento, sorride, perchè in fondo quei piccoli supporti non ci servono. L'uomo è in grado di essere forte anche nei momenti più bui, anche quando cade dalla cima di una montagna o perde il senso dell'orientamento.

Insomma, questo esperimento a diretto contatto con l'arte, tocca le corde della nostra fragilità emotiva, tanto che un'esperienza di pochi minuti si ricorda per tutta la vita.

 

Silvia Cannistrà  29/04/2020