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Modena: al teatro Storchi "Processo Galileo" dal 24 al 27 novembre

Liberamente ispirato alla vita e all’opera di Galileo Galilei, Processo Galileo, il nuovo spettacolo nato dalla collaborazione tra Carmelo Rifici e Andrea De Rosa, arriva al Teatro Storchi di Modena dal 24 al 27 novembre (giovedì e venerdì ore 20.30, sabato 19.00 e domenica 16.00).
Co-prodotto da LAC Lugano Arte e Cultura, TPE – Teatro Piemonte Europa ed Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale e scritto a quattro mani da Angela Dematté e Fabrizio Sinisi, il lavoro ruota attorno ai problemi scientifici e ai grandi misteri del nostro tempo.
Protagonisti in scena Luca Lazzareschi e Milvia Marigliano, affiancati da Catherine Bertoni de Laet, Giovanni Drago, Roberta Ricciardi e Isacco Venturini.

In occasione dello spettacolo, ERT promuove sabato 26 novembre alle ore 17.00 al Teatro Storchi Hai vinto Galileo!. Il matematico, docente universitario e collaboratore de la Repubblica, L’Espresso, Le Scienze e Psychilogies Piergiorgio Odifreddi conduce una lectio attraverso le opere più significative di Galileo, fra cui Sidereus Nuncius, le Lettere copernicane, Il Saggiatore, il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo e i Discorsi sopra due nuove scienze, trasformando la “lezione” dello scienziato in un racconto avvincente e ponendo l’accento sull’attualità del suo pensiero e della sua ricerca. Ingresso libero.

Fisico e filosofo della natura, Galilei è considerato il padre della scienza moderna, segnando uno spartiacque per la nostra cultura. Tanto il suo contributo scientifico quanto la sua abiura hanno dato vita a un’onda lunga che è arrivata fino a noi, un big bang la cui espansione si mostra oggi nella forma più realizzata e problematica.
Galilei spezza definitivamente i cieli aristotelici, rompendo un modello di raffigurazione del mondo che per secoli aveva rincuorato l’uomo: scienza e teologia, rappresentazione e verità si dividono definitivamente.
Tre storie si incontrano in un unico spettacolo, tre sequenze che corrispondono ad altrettanti processi che indagano i destini e gli interrogativi del mondo contemporaneo e della modernità di oggi.

Si comincia dal prologo, ambientato nel passato storico in cui avviene l’abiura: le parole del processo a Galileo del 1633, con i suoi personaggi e il suo linguaggio, fungono da punto di partenza e di irradiazione dei diversi temi in gioco – il rapporto tra scienza e potere, la tradizione e la coscienza.
«Abbiamo voluto far precedere i nostri testi – affermano Angela Dematté e Fabrizio Sinisi – da un prologo comune, nel quale emergesse la figura storica di Galileo Galilei, il suo percorso, le sue ricerche e, soprattutto, il suo processo, lasciando quasi intatto il linguaggio seicentesco. Attraverso brani delle opere di Galileo, lettere, carteggi, atti processuali, Angela inizia la sua ricerca sul suo processo, evocandone voci e figure: ascoltiamo le parole dello scienziato e quelle dei suoi inquisitori, ma anche la voce della giovanissima figlia, suor Virginia, e del suo altrettanto giovane discepolo Benedetto Castelli. Tenevamo molto al fatto che tanto Virginia quanto Benedetto fossero sempre presenti, per suggerire l’idea che la scienza vive non solo secondo l’ordine della ricerca e della scoperta ma anche secondo quello della trasmissione del sapere; che la conoscenza si muove anche sulla scala di innumerevoli, spesso silenziosi passaggi generazionali».

Si passa poi al presente in cui Angela, una giovane donna, madre e intellettuale, è chiamata a raccontare per una rivista divulgativa il nuovo paradigma sul cambio di percezione del reale che la scienza sta ponendo oggi. Ma il lutto famigliare che sta elaborando provoca un cortocircuito, costringendola a intraprendere un viaggio più vasto che mette in discussione la sua visione del mondo. Quali sono le conseguenze di un cambio di paradigma per la società? Scienza e conoscenza hanno il diritto di procedere in modo incondizionato? O hanno il dovere di fermarsi a un certo punto?
«Nel primo atto siamo nel nostro presente – proseguono i due drammaturghi – Angela lavora alla sua ricerca in presenza di sua madre, la quale giudica con sguardo ironico e “terreno” le sue esplorazioni intellettuali. Il testo si fa qui autobiografico. Angela personaggio come Angela autrice intervista uno scienziato in cerca di risposte, in cerca forse di un padre che le dia un nuovo linguaggio per supportare e sopportare la complessità del momento che sta vivendo. Ma Angela porta in scena anche sua madre perché vuole capire come tenere insieme la sapienza materna e il suo bisogno di conoscere senza limiti. La scrittura di questo primo atto si nutre anche di una precedente lunga indagine documentaria (per il progetto Lingua Madre del LAC) sul rapporto dell’uomo contemporaneo con l’esperienza del lutto in assenza di un sistema religioso e rituale».

L’ultima sequenza è ambientata in un futuro in cui ogni realismo si sgretola e i personaggi diventano le voci di un’invettiva contro un Galileo che non è più visto come un imputato di un tribunale ecclesiastico, ma come il portavoce di un processo storico e culturale che ha congiunto in maniera indissolubile la ricerca scientifica alla capacità tecnica, saldando per sempre l’idea di progresso di una società alla potenza dei suoi dispositivi tecnologici. Il cannocchiale di Galileo diventa così lo strumento di una rivoluzione che, iniziata nel XVII secolo, proietta il mondo in un futuro per molti versi inquietante.
«Nel secondo atto – concludono Dematté e Sinisi - Angela s’interroga sulla presenza sempre più pervasiva dell’apparato tecnico-scientifico nel mondo occidentale. Il punto di partenza della sua riflessione è il gesto rivoluzionario compiuto da Galileo nel puntare il cannocchiale verso le stelle. Il rigido ordine aristotelico delle stelle fisse, che immaginava la terra al centro di un universo immutabile, viene infranto per sempre. Quelle che Angela chiama in scena in questo atto sono dunque alcune voci di questa rivoluzione. C’è una giovane donna che tenta un impossibile catalogo delle stelle. C’è la delusione di un giovane studente di scienze, che a partire dalla rivoluzione scientifica iniziata da Galileo immaginava l’inizio di un mondo privo di oscurantismi, un mondo razionale che non è mai arrivato. C’è una contadina che ha assistito, nel 1604, all’apparizione nei cieli di una stella nova: un rarissimo fenomeno astronomico – l’esplosione di una supernova – su cui Galileo tenne una importante lezione a Padova. È lei a dar voce allo sbigottimento di chi, convinto di essere al centro di un universo perfettamente ordinato, dovette all’improvviso fare i conti con il pensiero di abitare un piccolo pianeta che orbita intorno al sole all’interno di un universo sterminato. C’è infine un giovane militante politico, che alla scienza moderna rivolge l’accusa di aver dato vita a un apparato tecnologico sempre più potente e oppressivo, con cui l’Occidente ha finito con l’identificarsi, affidando ad esso la propria salvezza».

Processo Galileo
di Angela Dematté, Fabrizio Sinisi
dramaturg Simona Gonella
regia Carmelo Rifici, Andrea De Rosa
con Luca Lazzareschi, Milvia Marigliano
e con (in ordine alfabetico) Catherine Bertoni de Laet, Giovanni Drago, Roberta Ricciardi, Isacco Venturini
scene Daniele Spanò
costumi Margherita Baldoni
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
disegno luci Pasquale Mari
assistenti alla regia Ugo Fiore, Marcello Manzella
assistente alla drammaturgia Marzio Gandola
le foto di scena di Masiar Pasquali


U.s.  22/11/2022