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La cultura italiana in lutto: addio al grande Paolo Poli

"Il teatro non lo considero gay, non c'è il sesso. Sulla scena noi siamo creature di cartone" è con frasi come questa che vogliamo ricordare Paolo Poli, personalità immensa, leggera, libera, versatile e vivacissima della scena teatrale italiana, scomparso il 25 marzo a Roma all'età di 86 anni.
Fiorentino di nascita, classe 1929, Paolo Poli è stato un vero e proprio tesoro nazionale. Dopo la laurea in letteratura francese su Henry Becke inizia ad affermarsi in radio e sulla scena teatrale negli anni '50, prima in piccoli teatri cittadini, poi avviene l'exploit grazie alla sua personalità dirompente e alla sua comicità contagiosa: "La sola legge che non ho infranto è quella di gravità". Attore brillante per vocazione, comico in maniera intelligente e acuta, provocatoria, ma anche giocoso, delicato, come nei suoi famosi en travesti; uomo istrionico, schietto, fra i primi personaggi pubblici dichiaratamente omosessuali in Italia (“Giravo dopo la guerra in centro a Firenze a braccetto di un nero bellissimo, aveva tutti i capelli tinti di biondo. Si voltavano tutti a guardarmi...le mie sorelle mi tolsero il saluto: fecero bene”), era favorevole ai matrimoni gay, nonostante li considerasse "noiosi" e non fosse interessato ad usufruire del diritto.
Da ricordare anche la sua carriera televisiva, fra sceneggiati e varietà, le sue memorabili esibizioni con Raffaella Carrà e Mina in "Milleluci" oppure con Sandra Mondaini in "Canzonissima". O ancora "I tre moschettieri" sulla Rai accanto alla sorella Lucia, anch'essa attrice teatrale, Milena Vukotic e Marco Messeri, considerato suo erede.
"Quando i nostri idoli cadono dagli altari, i lividi ce li facciamo noi".
Poli inizia già nei primi anni '40 ad approfondire la propria passione per il travestimento, anche durante balli pubblici. È stata una sua caratteristica, come l'uso di un'ironia pungente ma dolce, quasi una carezza nel cuore degli spettatori, che solletica loro il riso e li coccola allo stesso tempo.
Narratore di favole per bambini sulla Rai, cantastorie, ma anche colui che rifiutò una parte in "8 1/2" di Fellini. Paolo Poli era questo e molto altro: d'altronde "la mente è come l'ombrello, deve essere aperta".
Le sue ultime partecipazioni al cinema e in tv sono stati rispettivamente in "Felice chi è diverso" di Gianni Amelio nel 2014 e "E lasciatemi divertire" con Pino Strabioli su Rai3 l'anno scorso.
Radio, audiolibri, libri, dischi musicali: non c'è campo che Poli non abbia fagocitato, non per egocentrismo scenico, bensì per infinito estro creativo, per voglia di mettersi continuamente in gioco fuori e dentro il palcoscenico.
Un celebre dipinto di Magritte recita "Questa non è una pipa". È altrettanto difficile definire Paolo Poli con un solo aggettivo, con un'unica accezione, poiché arcobaleno di mestieri, prisma attraverso cui vedere e plasmare il teatro a propria necessità e virtù.
Se questo non è un'artista. Se questa non è Arte.

Federico Vascotto 26/03/2016

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