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Sette spettacoli per Sesto Fiorentino: "Intrecci d'Estate", il teatro nel verde

SESTO FIORENTINO – “Il teatro resiste come un divino anacronismo” (Orson Welles).
Se le relazioni, le persone, le parole, le storie sono ben salde, legate e strette, abbiamo meno paura di perderci, di restare indietro, sentirci abbandonati. Sono gli “Intrecci” il sale della vita, è quello che si è costruito, ricordandolo senza nostalgia, sono le funi che ci tengono ben piantati sul tempo presente, sono le cime, le radici che ci fanno lasciare il porto sicuro e tendere verso il domani, fare ponti verso il futuro. Si intreccia la paglia delle sedie (gli attori monologanti ne fanno spesso uso, ed è come sentirsi a casa), si intrecciano i racconti come raccordi più ampi di una trama infinita che da noi si dipana al nostro mondo.intr1
Non si poteva chiamare che “Intrecci d'Estate” (e così continua a chiamarsi da cinque edizioni) la rassegna teatrale di Sesto Fiorentino che anima (e della quale se ne sentiva la mancanza soprattutto da quando è “morta” e defunta la bella iniziativa dei concerti all'interno di Villa Solaria) le estati nel comune dell'attento e capace sindaco Lorenzo Falchi. Un comune molto ampio che però sul versante teatrale non offre, ad esempio, la programmazione del Manzoni di Calenzano (comune molto meno abitato) né i numeri e la qualità del Dante-Monni di Campi Bisenzio. Si potrebbe, soprattutto nei mesi invernali, fare di più. La coraggiosa associazione fiorentina Nexus Studio (nexustudio.it; dovrebbe essere supportata dall'amministrazione per l'apporto culturale e per quello sul versante dell'intrattenimento di qualità) è riuscita a colmare questo grande vuoto nei mesi estivi portando all'attenzione un luogo come Villa Gerini (una delle tante splendide ville di cui Sesto è contornata e nelle quali si potrebbe sperimentare maggiormente a livello teatrale e performativo, come fanno ad esempio allo Stibbert a Rifredi o a Villa Caruso a Lastra a Signa), immerso nel verde, lontano dal traffico, oasi e isola dove rimanere in ascolto tra lo stagno, le rane (però senza Aristofane), i fiori di loto, le narrazioni. Per l'apertura invece ci si affaccia su Villa San Lorenzo con la sua torre ristrutturata in pietra bianca che da sola fa scenario e fondale, sicurezza e protezione.
intr3Sette spettacoli per quaranta giorni di programmazione. 7 e 40 numeri biblici; i numeri, come le parole, ci insegnava Nanni Moretti, sono importanti. Ed anche la scelta dei titoli, congrua, coerente, con una bella linea decisa dalla direttrice Gisella Marilli (coadiuvata da Eleonora Cappelletti): teatro di parola, non aspettatevi fumi e raggi laser, per quelli rivolgersi altrove. Qui le storie scivolano calde, riscaldano i sogni, i cuori, hanno un buon sapore di pane appena sfornato, fanno pensare e riflettere, danno sostanza e impastano le idee. Si comincia appunto con “Profumo” (21 e 22 giugno, Villa San Lorenzo; l'inizio è per tutti gli spettacoli alle 21.30) dal romanzo di Suskind dove si è lavorato per una commistione tra danza contemporanea (agli ordini del coreografo Antimo Lomonaco) e teatro agito e recitante (capofila l'esperto Marcello Sbigoli, la sua voce è marchio, timbro potente) con ben venti interpreti che a vario titolo popoleranno la scena dalla quale movimenti e parole tenderanno a colorare l'ascolto di odori ed essenze, fumi, faranno fiutare, annusare, cercare come bracchi da tartufo tra le pieghe delle sfumature, negli angoli del racconto, tra le righe del discorso, assaporando fino all'ultimo boccone, fino all'ultima sillaba incollata sul palato. Spazio ai classici con due autori sempre sul filo del sarcasmo e in punta di penna: Ionesco e Oscar Wilde. Per cinque serate (dal 26 al 30) doppio appuntamento prima con “La cantatrice calva” (produzione Magnoprog, un altro spazio fiorentino, insieme appunto al Nexus ma anche al Lavoratorio e al Vivaio del Malcantone, da conoscere meglio) a seguire “Il fantasma di Canterville” (felice ripresa), entrambi denunce allo status quo borghese, a quella patina di melassa che si deposita sulle cose senza permettere cambiamenti, per riconoscere i nostri difetti, tic e nevrosi.
Luglio inizia invece con un'altra doppia recita (dal 3 al 7 luglio) nella quale sarà possibile godere prima de “Le zie” per la scrittura della drammaturga e registaintr4 Laura Sicignano che dirige il Teatro Cargo genovese che adesso naviga in cattive acque, e per la regia di Riccardo Giannini, divertentissimo e amaro che tanto ricorda l'altrettanto irriverente e spassoso “Cognate” di Trembley. Siamo nel '700 e le quattro figlie zitelle del Re di Francia, giocano agli intrallazzi amorosi, alle trame, alle ripicche da salotto, perfidie e pettegolezzi, inganni di palazzo, ruffianerie e tradimenti. A seguire, ancora drammaturgie contemporanee, con “Nikola Tesla il figlio della tempesta”, ideato e portato in scena da Duccio Raffaelli che ci farà immergere in una biografia ragionata e romanzata nelle invenzioni dello scienziato, nel suo genio, nelle sue idee rivoluzionarie, inventore, fisico: per alcuni è sconosciuto mentre altri lo paragonano a Leonardo: genio incompreso o soltanto dimenticato dalla Storia?
A metà luglio prima “Virginia che fece l'Italia” (dal 10 al 14) scritto da Elena Miranda. No, non si tratta della Raggi ma della Contessa di Castiglione che a metà del 1800, con astuzia e intelligenza, sfruttando le doti che Madre Natura le aveva concesso, primo tra tutte la bellezza ma anche il cervello, riuscì a portare Napoleone III dalla propria parte nella causa italica contro gli oppressori austriaci. Si chiude a fine luglio (dal 24 al 28) all'insegna del giallo, del detective alla ricerca degli indizi, dei dettagli per scoprire l'assassino: “Signori, il delitto è servito”, un noir, leggero ma con brivido, un invito a cena che, per tutti i commensali intervenuti, non finirà tanto bene. Sembrano sconosciuti invitati casualmente ma un fil rouge di fondo che lega tutte queste esistenze c'è. E come “Dieci piccoli indiani” pochi rimarranno per poterlo raccontare. “Intrecci” intesse la scrittura classica con la nuova, annoda i fili del passato, allaccia il teatro con i giorni nostri, stringe la mano alla qualità. “Niente di più futile, di più falso, di più vano, niente di più necessario del teatro” (Louis Jouvet).

Tommaso Chimenti 31/05/2017

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