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“In Altre Parole”. XI edizione della Rassegna Internazionale di Drammaturgia Contemporanea

Una serie di rappresentazioni per immergersi nel fascino e nella diversità del teatro. Un teatro che rivive concretamente nell'undicesima edizione della rassegna internazionale di drammaturgia contemporanea “In Altre Parole” a cura di Pino Tierno, Simone Trecca e Ferdinando Ceriani in qualità di responsabile artistico. Il festival è andato in scena al Teatro Palladium dal 28 al 31 marzo, con il contributo del Programa de Internacionalización de la Cultura Española (PICE) de Acción Cultural Española (AC/E), Ambasciata d’Israele, Ambasciata di Lituania e grazie alla collaborazione tra il teatro stesso con la Real Academia de España en Roma e l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.
Sei opere totali – italiane e straniere - e un convegno dal titolo “Biografie mediate: riscrivere le "vite" per lo schermo e la scena” - curato da Maddalena Pennacchia e Simone Trecca - che ha ospitato la romanziera e sceneggiatrice Resemary Kay e il drammaturgo spagnolo Antonio Tabares; tutto a ingresso gratuito.

“La Puttana dell’Ohio”: l’opera di Hanoch Levin
Il palco vuoto caratterizzato dai tre leggii illuminati è ciò che colpisce immediatamente de “La Puttana dell’Ohio”. La pièce del drammaturgo israeliano Hanoch Levin inizia con la voce di un vecchio vagabondo (interpretato da Antonio Salines) che cerca disperatamente di imbonirsi una donna di facili costumi (Alessandra Muccioli). Quest’ultima intasca la grossa somma di denaro pagata dal vecchio per festeggiare il suo settantesimo compleanno. Non succede nulla tra i due e la donna si rifiuta di restituire la somma. Nel frattempo il figlio (Diego Savastano) fantastica su quanto sarebbe piacevole essere ereditiere di un cospicuo patrimonio segreto compromesso da un padre spendaccione e poco incline alla parsimonia. Con un illusorio incontro d’amore la prostituta si prende gioco dell’anziano padre farneticante sul desiderio di una giovinezza che non lo appartiene più. Un’opera cruda che si basa sulla forza dell’illusione e la potenza dell’immaginazione come “unica forza che, a stento, riscatta le misere vite dei protagonisti”. Un testo ricco e magistralmente scritto, una lettura portata avanti dall’intensità vocale e interpretativa trasportano l’ascoltatore in una scena completamente immaginaria in cui si delinea sempre più nitidamente il sogno di un padre che sogna un “puttana dell’Ohio” con cui condividere un paradiso tutto personale. Concedersi un’ultima volta a una «merce a basso costo... con un cuore che sbava» e un addio ai sogni.Inaltreparole01
Attraverso la traduzione di Serena Scateni e Pino Tierno si entra nel reale e disagevole universo dei protagonisti che piangono le proprie esistenze e la mancanza di qualcosa di bello che ora non c’è, o che non c’è mai stato. Uno spettacolo che tristemente ruota intorno al senso della vita e alla sua continua corsa sulla “strada del tempo” che divora ogni desiderio di rivalsa. Ogni cosa si vanifica quando niente può essere recuperato e tutto è solo immaginario. Tutto ciò che resta sono «neanche un soldo, un sogno sull’Ohio e un paio di mutande».

La città vicina (Artimasmiestas)
“Sognare è una cosa bella e salutare. Fa bene alla circolazione. Eppure arriva un'età in cui sognare diventa pericoloso”. Comincia così “La città vicina” dell'autore lituano Marius Ivaskevicius, nella messa in scena della pomeridiana del 30 marzo. Un testo teatrale che racconta le conseguenze del conflitto tra l'immagine di sé del desiderio e del sogno e ciò che si è nella realtà quotidiana. Una dicotomia che si materializza in due diverse città, le vere protagoniste del testo. Da una parte Malmö , in cui Anika e Svante, Sirenetta e Bill, sono uomini e donne “normali” - ammesso che la normalità esista – nell'ovattato ordine delle cose, in cui tutto ha i toni di dolce color pastello, come le immagini proiettate sul video posto sopra il palco del teatro Palladio. Copenaghen, invece, diventa il luogo del desiderio, dove tutto può avvenire. Svante lo conosce bene. Vi si rifugia ogni weekend con i suoi ricordi di amici defunti e fiumi di alcool ad accompagnare le notti. Ma il suo è un approccio rigenerante: torna un uomo nuovamente inquadrato e conscio dei sogni che ci furono e che non sono più realizzabili. Quando invece Anika attraverserà il nuovo ponte che collega Malmö a Copenaghen perderà l'orientamento e, in questo caos, verrà in contatto con il tutt'altro da sé. “Ti ho aiutata io a nascere” le dirà Lars, il gigolò che la avvierà alla professione più antica del mondo. È un venire fuori del desiderio, del represso e dell'inespresso, ciò che avviene ad Anika, in modo travolgente e senza possibilità di ritornare indietro. Inevitabile la deflagrazione della sua vita precedente, che si poterà via anche quella presente.
Come individui, si rischia costantemente di perdere la percezione del desiderio. Ecco. Ivaskevicius sceglie di mettere lo spettatore in guardia proprio da questo, e lo fa attraverso tutti i registri delle emozioni quotidiane, che vanno dallo sconcerto alla risata, dalla tristezza all'ironia, permettendo allo spettatore di interrogarsi. E la forma del reading scelta da Stefano Moretti, per i suoi attori (Giulia Valenti e quattro allievi diplomati dell'Accademia d'Arte Silvio d'Amico), ha permesso di focalizzare l'attenzione in prima battuta sulle parole del testo, forti e sconvolgenti, ma soprattutto reali, di quella realtà che parla alla parte più profonda dell'umano.

Paola Smurra, Milena Tartarelli

04/04/2017

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