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“Game Over” al festival FLUX: la Urban Dance Theatre Low Air tra sogno e realtà

“FLUX”è il Festival lituano delle arti con cui l’Auditorium Parco della Musica celebra il centenario della nascita della Repubblica della Lituania.
Paese dalla concezione artistica molto aperta alle sperimentazioni e alle sue molteplici diramazioni, la Lituania ha conquistato la sua prima indipendenza il 16 febbraio 1918 (la seconda nel 1991 quando, prima tra i Paesi baltici, tornò indipendente dall’occupazione sovietica).
FLUX” è l’occasione per portare in Italia questa varietà di forme artistiche, che uniscono architettura, jazz, performance, musica, teatro, danza.
Nell’ambito proprio di questa rassegna si è esibita la Urban Dance Theatre Low Air, prima compagnia di danza urbana professionale in Lituania, fondata da Laurynas Zakevicius e Airida Gudaite, che ne sono anche coreografi e ballerini. Ha portato a Roma la creazione “Game over” - Fine dei giochi di Lauryna Liepaitė, Airida Gudaitė, Laurynas Žakevičius, Povilas Laurinaitis e Adas Gecevičius; in scena i performer Airida Gudaitė e Laurynas Žakevičius su musica multi strumentale eseguita dal vivo da Adas Gecevičius.

Ad ispirare questi giovani artisti è stato il realismo magico dello scrittore belga Julio Cortazar (autore del capolavoro “Rayuela” - Il gioco del mondo); partendo da lì hanno costruito uno spettacolo che unisce il live dance e il music show contaminandolo con le arti visive. Le storie venute fuori dall’immaginario di Cortazar si traducono in coreografie che portano lo spettatore entro i labili confini tra sogno e realtà, finzione e magia, verità e fantasia, attraverso un punto di vista molto ludico.

Essenziale, nel porre lo spettatore in questa prospettiva del gioco, è la musica: potente, ricca, piena, ininterrotta per tutti i 55 minuti di durata dello spettacolo. È proprio la musica ad accogliere lo spettatore al Flux1suo ingresso in sala: Gecevičius, di spalle alla platea, diffonde placide note che di lì a breve diventeranno solo un ricordo. Difatti lo spettacolo si struttura su composizioni ritmiche ben più strutturate, molto diverse. Su di esse poggiano coreografie apparentemente scomposte che invece alludono alla libertà totale della mente e del corpo, allo svincolarsi dalle categorie e dai preconcetti, dalle forme. Anche dagli abiti: uno dei brevi momenti prevede il ballerino che si denuda e poi alle prese con un maglione extralarge che non riesce ad infilare, quindi agita le braccia, muove il busto, si contorce fino a quando non riesce a fare capolino con la testa. Questo episodio deriva proprio da un racconto di Cortazar.

Sono corpi, quelli in scena, in balia di qualcosa che viene dal loro profondo, che esplode in movimenti spesso ciclici e ripetitivi, ma sempre energici. 

Un uomo composto accenna una corsetta e l’ombra che proietta alle sue spalle sembra quella di una ridicola marionetta, una donna a lutto abbandona il velo nero per darsi ad una danza sfrenata, un uomo in giacca e cravatta si spoglia di quegli abiti per restare seminudo e libero di danzare come vuole. È come se la musica suonasse nei loro petti. Ciascuno dei segmenti presentati è breve e ha un ritmo frenetico e concitato, eppure liberatorio. Nei momenti finali i due performer entrano in contatto col musicista, sottraendogli il microfono, parlando, suonando i piatti della batteria, come in un gioco di scambio di ruoli. 

Game Over” è una creazione molto estetica, essenziale, a tratti surreale e paradossale, la compagnia propone un modo di fare danza molto colorato. È un teatro visivo, quello della Low Air Urban Dance Theatre, molto completo, non si può circoscrivere entro la danza contemporanea, perché è una performance che va oltre, nonostante il suo minimalismo.
Entra e divertiti, lasciati andare” sembrano dirci i tre performer, che non si prendono troppo sul serio tra coriandoli, maschere, palloncini, vasche d’acqua. E altrettanto dovrebbe fare lo spettatore, lasciandosi andare all’esplosione ritmica che si sviluppa attraverso i loro corpi a tempo di musica.

Giuseppina Dente 10/05/2018

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