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"On Body and Soul" e gli altri: i vincitori e le sorprese del Festival di Berlino

Sabato 18 febbraio sono stati assegnati i premi della 67esima edizione del Festival del Cinema di Berlino. L’Orso d'Oro per il miglior film è andato un po' a sorpresa a "On Body and Soul", diretto dalla ungherese Ildikó Eneydi (foto a destra). L'Orso d'Argento, quello per la miglior regia, è stato vinto invece da "The Other Side of Hope", del finlandese Aki Kaurismäki e ritenuto alla vigilia tra i favoriti per la vittoria del premio più importante. Anche l'Italia ha avuto la sua gloria, con l'assegnazione dell'Orso d'Oro alla carriera alla celebre costumista torinese Milena Canonero, vincitrice di quattro premi Oscar grazie ai suoi lavori in film diretti da Stanley Kubrick e Francis Ford Coppola. Dopo la vittoria di "Fuocoammare" nel 2016 come miglior documentario, quest'anno non c'erano film italiani in concorso; nella sezione Panorama Special ha però ricevuto notevoli apprezzamenti "Chiamami con il tuo nome" di Luca Guadagnino, già presentato al Sundance a gennaio. La giuria, presieduta dall'olandese Paul Verhoeven (regista di "Elle", fresco vincitore ai Golden Globe e candidato agli Oscar come Miglior film straniero), quest'anno era composta dalla produttrice Dora Bouchoucha Fourati, dall’artista Olafur Eliasson, dalle attrici Maggie Gyllenhaal e Julia Jentsch, da Diego Luna e Wang Quan’an.berlin1

Delicato e minimalista, "On Body and Soul" ha conquistato sin da subito la critica e il pubblico della Berlinale, con la sua storia atipica e drammatica, definita da alcuni "tragicomica". I protagonisti sono un uomo e una donna, dipendenti di un mattatoio a Budapest. In seguito a un test psicologico a cui vengono sottoposti tutti i dipendenti, entrambi scoprono di avere un sogno ricorrente in comune, nel quale si immaginano di essere dei cervi dentro a un bosco, durante una fitta nevicata. I due iniziano a conoscersi e ad innamorarsi a poco a poco: la grigia quotidianità del presente e del lavoro nel mattatoio trova una valvola di sfogo nell'immaginazione onorica, nel desiderio (forse irrealizzabile) di fuggire da una realtà difficile da sopportare. «Volevo fare un film semplice come un bicchiere d’acqua - ha dichiarato la regista durante la premiazione - sapevo che era un rischio, il mio cast credeva in me ma non sapevo come il pubblico l’avrebbe abbracciato: c’era bisogno di cuori generosi».

C'è stato qualche momento di imbarazzo durante la consegna dell'Orso d'Argento per la miglior regia. L'affermato regista finlandese Aki Kaurismäki probabilmente si aspettava di vincere il trofeo d'oro, e non ha fatto nulla per nascondere la sua delusione. Dopo aver ricevuto il premio, consegnato dalla giurata Dora Bouchoucha Fourati, se lo è infliato nella tasca della giacca quasi con disprezzo, poi lo ha afferrato usandolo a mò di microfono e limitandosi a dire: «Grazie signore e signori». Infine ha puntato il dito verso la giuria e si è seduto senza aggiungere altro. L'autore di "Miracolo a Le Havre" forse sperava di avere un degno riconoscimento dopo quello che, secondo le sue parole, sarebbe stato il suo ultimo film della sua carriera: «Stavolta sarà veramente un addio. Sono stanco, voglio cominciare a vivere la mia vita», aveva detto durante un'intervista alla tv pubblica finlandese. La sua ultima fatica, "The Other Side of Hope", si sofferma ancora una volta sugli emarginati dalla società, costretti ad affrontare pregiudizi e discriminazioni: il film racconta la storia del povero rifugiato siriano Khaled che viene aiutato da un commesso viaggiatore che incontra per caso a inserirsi nella società e ottenere il permesso di soggiorno per asilo politico. Kaurismaki, come nei film precedenti, affronta la causa degli ultimi con profonda empatia, senza cedere nel pietismo o nella facile retorica.

berlin2Dopo "Fuocoammare" di Gianfranco Rosi, anche quest'anno l'Italia porta a casa un Orso d'Oro, questa volta alla carriera, giusto riconoscimento a Milena Canonero (nella foto a sinistra). La grande costumista italiana, che l'anno scorso ha compiuto 70 anni, ha vinto quattro premi Oscar, l'ultimo dei quali nel 2015 grazie ai meravigliosi costumi di "Gran Budapest Hotel" di Wes Anderson. Il regista con cui ha lavorato più spesso è stato Stanley Kubrick, in capolavori come "Barry Lyndon" e "Arancia Meccanica": «Devo tutto a Stanley - ha detto commossa dopo la premiazione - è stato il mio grande maestro, un grande artista, un uomo straordinario, che aveva una visione più ampia degli altri. Io gli devo tutto».

Pur non essendo fra i film in concorso, "Chiamami con il tuo nome", quinto lungometraggio del palermitano Luca Guadagnino ("Melissa P.", "Io sono l'amore"), è stato uno dei film più discussi dell'intero festival. Il film, tratto dall'omonimo romanzo di André Aciman, parla di una storia di amore gay tra il 17enne Elio, un ragazzo insicuro nel pieno dei turbamenti adolescenziali, e l'aitante Oliver, un uomo più maturo. Guadagnino riesce a mostrare le passioni tra i due amanti con semplicità e tenerezza, senza scandalizzare inutilmente o pretendere di insegnare qualcosa. Anche se le tematiche gay ormai sono ormai inflazionate nel cinema, in questo caso sono affrontate con intelligenza: proprio come in "Una mujer fantastica" del cileno Sebastián Lelio, vincitore a Berlino del Teddy Award per il miglior film lgbt, che narra la triste storia di Marina (Daniela Vega), cameriera trans in lotta per i suoi diritti.

Il premio al Miglior documentario è andato a "Ghost Hunting" del palestinese Raed Antoni, che ha ricreato la durezza e i soprusi del carcere israeliano dove era stato prigioniero; il gran premio della giuria è andato invece a "Felicité" del franco-senegalese Alain Gomis, film sulla voglia di indipendenza femminile in Congo. L'Orso d'Argento per le migliori interpretazioni sono stati assegnati alla sudcoreana Kim Min-hee, protagonista di "On the Beach at Night Alone", e all'austriaco Georg Friedrich ("Bright Nights").

Qui i vincitori dei premi più importanti della 67esima edizione del Festival di Berlino:

Orso d’oro per il miglior film: On body and Soul di Ildikó Enyedi

Orso d’argento per il miglior regista: The Other Side of Hope di Aki Kaurismaki

Orso d’argento per il miglior attore: Georg Friedrich per Bright Nights

Orso d’argento per la migliore attrice: Kim Min-hee per On the Beach at Night Alone

Orso d’argento per la migliore sceneggiatura: Sebastián Lelio e Gonzalo Maza per Una mujer fantástica

Orso d’argento, Gran premio della giuria: Félicité di Alain Gomis

Orso d’argento per il miglior contributo artistico: Dana Bunescu per Ana, mon amour

Premio Alfred Bauer (per il film che “apre nuove prospettive”): Pokot di Agnieszka Holland

Orso d’oro alla carriera: Milena Canonero

Teddy Award (per film con temi LGBT): Una mujer fantástica di Sebastián Lelio

Michele Alinovi 20/02/2017

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