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Vinicio Capossela festeggia 25 anni di carriera: Notte d'Argento in Irpinia

Ago 13

"Ci sono artisti autobiografici, io sono pre-biografico: prima scrivo le cose, e poi mi succedono".
"Auscultate voi stessi, percorrendo una terra antica. Banchettatela insieme, in comunione, come un simposio". (V.C.)

Nozze d'argento, Notte d'Argento. Vinicio Capossela festeggia i 25 anni di sposalizio con la musica con un concerto unico e irripetibile sotto il Paese dei Coppoloni. Il 29 agosto, all'interno del Calitri Sponz Fest da lui ideato e diretto, l'artista irpino si esibirà alla Stazione Ferroviaria sospesa di Conza-Andretta-Cairano assieme ad artisti e musicisti che lo hanno accompagnato durante la sua carriera, avviata nel 1990. Un impianto scenografico suggestivo che, dopo maschere taurine e scheletri di balena, conferma la sua costante attenzione alla dimensione evocativa della musica.
Un viaggio cominciato All'una e trentacinque circa, titolo del primo album che riprende l'orario in cui Capossela, allora matricola squattrinata nella "paranoica" Emilia di fine anni Ottanta, suonava al Pjazza di Bellaria. I suoi primi lavori sono impregnati di un'anima beat e maudit; influenzata da Waits e Dylan, geograficamente divisa tra America ed Emilia, la prima fase compositiva di Vinicio Capossela si radica su dettagli, fotografie letterarie o flash biografici: notti newyorkesi, sabati al Florida o al Corallo, canzoni da motel, nottate passate a sprofondare "nel nettare del vimbrulè" con l'Accolita di Rancorosi Cinaski, Benzina e Rastafari. Reso popolare da Che coss'è l'amor (1994) e dal Ballo di San Vito (1996), Capossela raggiunge l'acme poetico in Con una rosa, ispirato ad un racconto di Oscar Wilde. La letteratura entra sempre più profondamente nel suo modus scribendi, da John Fante a Geoffrey Chaucer, fino a Céline e Sherwood Anderson, del quale musica i Racconti dell'Ohio ne La faccia della terra (2008).
Da maudit, Capossela si trasforma in filomythos: dalla passione per il mito nasce un'opera (en)ciclopedica, Marinai, profeti e balene, doppio album costruito attorno ad Achab e Ulisse, due personaggi di cui costituisce l'alter-ego contemporaneo. Storie bibliche, marinaresche e odissiache che trovano il contrappunto reale nel viaggio in Grecia del 2011, alla ricerca del rebetiko, vera e propria filosofia della crisi – intesa come scelta radicale – che ha prodotto un album (Rebetiko Gymnastas), un taccuino odeporico (Tefteri) e un film (Indebito).
Targa tenco con All'una e trentacinque circa, Canzoni a manovella, Marinai Profeti e Balene, Ovunque proteggi; Premio Chatwin, Premio Fernanda Pivano, Premio Ciampi, Premio De André alla carriera, una candidatura al Premio Strega. Nove album, quattro romanzi e un film, la sua opera è un'autentica traslitterazione, lessicale e semantica: lettore, cantautore e romanziere, Capossela decodifica e transuma in musica i temi più vicini alla propria esperienza artistica e biografica, costruendo un mondo letterario in cui muoversi e viaggiare.
In vesti sciamaniche, il suo errare prosegue oggi nella Terra dei Padri, nel paese costruito sull'Osso, su storie eterne e miti popolari che permeano la sua poetica, e che da tre anni vengono celebrati con lo Sponz Fest. Un nostos nella sua Itaca portabile, l'Irpinia, in compagnia di Ciccillo Di Benedetto, protagonista di Al veglione (1996), la lira di Psarantonis, "frontiera del mito vivente", la fanfara della band macedone Kocani Orkestar, con lui nel Live in Volvo del '98, Howe Gelb, "frontiera dell'Arizona", la Banda della Posta, di cui ha prodotto un disco nel 2012, e altre profetiche figure del Paese dei Coppoloni.
"Una serata che va dal tramonto all'alba di una notte di Luna. Luna selvatica, Luna selvaggia".

Daniele Sidonio 13/08/2015

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