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Tempo elettronica e rock: Maximilian, l’alter-ego di Max Gazzè

Nov 04

Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo (Ecclesiaste)

Doveva diventare un disco di musica sperimentale. Poi è apparso un uomo da un’altra dimensione e ha estratto da un cassetto 10 testi. Questa è la genesi di Maximilian, alter-ego discografico di Max Gazzè, uscito il 30 ottobre scorso per l’Universal. Dieci canzoni per dieci impianti compositivi diversi: l’album è più che mai eterogeneo e mescola marchingegni elettronici da festa anni Ottanta a pezzi ballabili e pennellate di piano, testi sentimentali a momenti di riflessione seriosa e ironica.
“Mille volte ancora” è un ritmato brano d’apertura, una lettera di un padre al figlio nelle intenzioni dell’autore ma, in senso più ampio, una lettera d’amore che condensa la sua potenza emotiva nei versi “Ti scorderò ti rivedrò ti abbraccerò/di nuovo per ricominciare”. È l’ingresso nella casa di Maximilian, composta da nove stanze arredate in modo differente l’una dall’altra. In “Un uomo diverso” l’aria anni Ottanta è tangibile e sembra di scorgere persino una luminosa mirror ball appesa al soffitto di un testo che parla con freschezza della dialettica tra amore e tempo. Ai primi due brani Gazzè accosta “Sul fiume“, ballata oscura che per melodia, tema e stile del cantato ricorda – e non poco – “Mentre dormi”. Se “La vita com’è” spariglia le carte e si pone volutamente fuori dalle righe, in linea con i brani di apertura è “Nulla”, un pezzo rock a metà tra sogno e realtà, in cui la bramosia e il pensiero costante di un grande sentimento vengono incorniciati da un suggestivo movimento d’archi. Il ritornello di “Ti sembra normale” potrebbe diventare un tormentone se dovesse uscire come secondo singolo: la lotta tra razionale e irrazionale si consuma su un terreno melodico pop e si chiude con un invito, “ci vieni ancora dopo cena da me?”. “Disordine d’aprile”, che vede la collaborazione di Tommaso Di Giulio, è la storia di un cronofobico che cerca di “lavare via l’idea che troppe cose siano nate con la data di scadenza”.
“In breve” è una romanza che sospende il tempo del disco per due minuti e mezzo e racconta la vicenda drammatica di un suicidio relegata a trafiletto di cronaca. Qui gli arpeggi di chitarra e il cantato altalenante del Gazzè più onirico richiamano “Arsenico”, mentre nel testo è chiara la citazione di tre versi di “Alzo le mani”, entrambi scritti con Fabi e Silvestri. “Teresa” è un pezzo allitterante, avvolgente – “ci sono affetti in effetti che affetti non sono stati mai” – con un ipnotico drumming che fa da sottofondo alla storia di un rapporto esasperato e appeso a un filo.
L’ultima traccia, “Verso un altro immenso cielo”, è una suite sul cui sfondo scorrono i titoli di coda di un film che non esiste, un po’ come in “Fantasma” dei Baustelle. È il brano a cui Gazzè ammette di aver dedicato più attenzione, e si sente. Una lunga coda sinfonica composta da 62 elementi segna il saluto di Maximilian al nostro tempo e al nostro spazio.

Daniele Sidonio 04/11/2015