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Tanti auguri, Maestrone: i 75 anni di Francesco Guccini

Lug 27

"Tenetevelo stretto uno come Guccini, perché una ballata di tredici strofe su una locomotiva non c'è nessuno al mondo che possa scriverla"
(Umberto Eco)


"Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia, ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia". Eppure uno ce n'è ancora, ironico e melanconico, arroccato in cima all'Appennino tosco-emiliano, in quel di Pavana. Ha appena compiuto 75 anni e il suo nome è Francesco Guccini.
Guccio, Maestro, Maestrone, lo si può chiamare in tanti modi. Per diverse generazioni è stato – ed è ancora – un punto di riferimento politico, filosofico, morale.
"Un altro giorno è andato" anche per lui. Come avrà festeggiato il suo compleanno? Non è difficile immaginarlo. Un sorso – forse di più – di vino rosso, carta e penna a portata di mano, il suo fiume e il suo mulino. Le sue più consuete occupazioni, alle quali si dedica ormai quotidianamente da quando ha deciso di abbandonare i palchi, nel 2013. Cantautore, scrittore, poeta, pensatore, paroliere, insegnante, attore. In quasi cinquant'anni di carriera Guccini ha fatto, ha visto e ha scritto tutto. Ha cantato la sua rabbia, il suo amore per la poesia e la letteratura (americana, in particolare); ha raccontato amori impossibili, amori finiti, amori mai nati. Con i suoi testi ha riflettuto sul tempo, sulla morte e sulla vita.
L'unicità di Guccini sta nella sua verità. Perché in quello che ha scritto ci si è rispecchiato, sempre, ne ha sofferto. E ha fatto soffrire, sospirare, chi lo ha ascoltato e lo ascolta ancora. Brani come "Don Chisciotte", "Incontro", "Bologna", "La canzone della bambina portoghese", "Vedi cara" – l'elenco potrebbe continuare all'infinito – rimarranno momenti eccelsi della nostra canzone d'autore. Una forma di cui Guccini rimane, insieme a Vecchioni, l'ultimo grande e insormontabile baluardo, in un mondo musicale profondamente mutato, e che il Maestro, oggi, per sua stessa ammissione, fa fatica a capire.
Da due anni a questa parte non suona più in pubblico e forse neanche con gli amici. Ha fatto qualche eccezione, come il cameo vocale nel brano di Bersani e Pacifico "Le storie che non conosci", sigla della puntata speciale Rai per l'ultima Giornata Internazionale del Libro. Già, perché è stato per vent'anni anche romanziere, attento come sempre al peso delle parole e al loro sapore (celebre il suo "Dizionario del dialetto di Pavana", pubblicato nel 1998). La sua abilità nel plasmare insieme parole e note gli è valsa, nel 1992, il Premio Librex Montale "Poetry for music".
Nel 1975 aveva già vinto il Premio Tenco alla carriera. Ha ricevuto poi la targa altre 4 volte: nel 1987 per "Scirocco", nel 1990 per "La canzone delle domande consuete", nel 1994 per l'album "Parnassius Guccinii", in cui compare il capolavoro "Farewell", dedicato alla compagna Angela e ispirato a Dylan; nel 2000 per "Ho ancora la forza".
Sedici album dal 1967 al 2012: da "Folk beat n.1" a "L'ultima Thule", da "Il sociale e l'antisociale" a "Canzone di notte n.4", il Maestrone, così lo chiamavano da giovane a Bologna, ha sempre messo d'accordo tutto e tutti. Tranne Bertoncelli, ma questa è storia nota. Auguri Guccio, "non piangere il giorno del tuo compleanno, gli amici, sai, ti vedranno".

Gisella Rotiroti 15/06/2015