Il Nuotatore: i Massimo Volume nuotano tra i flutti sconnessi della musica italiana, senza accontentarsi di restare a galla
Rimanere a galla o lasciarsi affogare? Apparire o nascondersi? Il quesito amletico dell'essere o non essere riformulato appositamente per una società liquida, in cui la normalità è diventata l'eccezione di un tempo.
Ma c'è qualcuno che sa anche nuotare. E nuotare significa rimanere in un equilibrio perfetto tra apparire e nascondersi, resistere alle variazioni instabili di questa società liquida, sapendone cavalcare i flutti o nascondersi tra di essi.
Massimo Volume è un gruppo che apparve sulla scena musicale italiana in un tempo lontano, quando non esistevano social, né Mp3, ed apparire era un'eccezione riservata ai pochi artisti italiani sorretti da major discografiche che facessero video dei loro singoli. Ma loro, lontani dalle major, nati e cresciuti nell'underground bolognese dei primi anni '90, non sono riusciti a nascondersi del tutto. Mentre il mondo gridava la rabbia disperata e rassegnata del grunge, i Massimo Volume facevano qualcosa che nessun altro aveva mai fatto prima: parlavano, raccontando storie nate da quella stessa rabbia, ma prive di rassegnazione e piene di una forza poetica, fredda e quotidiana. Ed è quello che oggi, a distanza di ventisei anni dal loro primo album e di sei dall'ultimo, tornano a fare.
Ma ne “Il Nuotatore”, c'è qualocsa di nuovo ed è un esemplare ritorno alle loro origini attraverso un processo di purificazione estetica dal passato più recente.
La voce del loro leader, Emidio Clementi, torna ad essere pura, senza correzioni, né distorsioni che tentino di nascondere la traccia inedita di una vecchiaia, capace di farla vibrare ancora più drammatica di un tempo. Le sonorità tornano a ridursi all'osso, abbandonando il sintetizzatore che le ha sostenute negli ultimi dieci anni: il ritmo secco della batteria di Vittoria Burattini, la chitarra aspra di Egle Sommacal e il basso profondo dello stesso Clementi, ricreano da soli, senza l'aiuto dell'elettronica, quei vortici musicali post rock che trascinavano i racconti tra tensioni e distensioni continue.
Attraverso questa purificazione la chitarra elettrica di “Acqua Minerale” può suonare un allarme stordente sopra la voce ansiosa che racconta il crollo esistenziale di un giocatore d'azzardo; la batteria può scandire un ritmo innocente e al tempo stesso inquietante in uno dei pochissimi brani dei Massimo Volume recitati in rima, “Amica prudenza”; e il basso può schiacciare pesantemente i silenzi tra un battere e un levare per colmare il rimpianto espresso in “Santissima signora del caso”.
Ma è ne “L'ultima notte” che i Massimo Volume imprimono più a fondo il loro marchio in questo nuovo album. Un requiem post rock per la fine del buio, nel quale si riuniscono personaggi “notturni”, da Bela Lugosi a Von Sacher-Masoch, passando per Chopin e Basinski: posti l'uno accanto all'altro, l'ascoltatore viene immerso tra loro, all'interno di un universo di citazioni e allegorie sostenuto da un impianto musicale serrato che guida in quell'assurdo e commosso saluto alle tenebre, alla parte oscura dell'uomo, trasmettendo sull'epidermide lo sdegno per un mondo senza più la profondità dell'ombra.
Fedeli a loro stessi, al mondo che hanno creato ventisei anni fa, in una società profondamente differente da quella attuale, con “Il Nuotatore” i Massimo Volume ci dimostrano di essere uno di quei pochi gruppi che hanno imparato a nuotare, capaci di nascondersi per anni tra i flutti e di riemergere con la classe di chi li cavalca da tutta la vita.
Alessio Tommasoli 05/02/2019
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