Cantare "Bella ciao" per ricordare chi eravamo e riaffermare chi siamo
Anche l’ascoltatore più disattento è in grado di riconoscere, dalle prime note, il brano "Bella ciao"; non solo per la vasta diffusione e la traduzione in tutto il mondo, ma perché richiama indistintamente una memoria storica e un coinvolgimento emotivo al quale è impossibile sottrarsi. Il pezzo originale è un canto popolare nato prima della Liberazione e associato in seguito al movimento partigiano; grazie al Primo festival mondiale della gioventù democratica che si tenne a Praga nel 1947, ebbe un’ampia risonanza che lo rese l’inno per eccellenza della lotta contro il nazi-fascismo. Molti musicisti, spesso diversi tra loro per provenienza geografica e genere musicale, hanno reinterpretato nel corso degli ultimi anni il brano secondo la loro poetica.
Ma perché riproporre i canti della rivolta popolare negli anni ’90, o oggi, nel 2019? Non è solo un’operazione nostalgica, ma una lucida analisi del presente, attraverso la lente perfetta di canti irriducibilmente universali. Ne esistono infatti decine di versioni, e per quanto ognuna di esse rievochi la lotta partigiana, è l’esigenza del presente in cui viene riproposta a farsi sentire: sono pezzi differenti ma nati dal medesimo bisogno di agire, facendo della storia la portavoce dell’attualità. Anche, e soprattutto, nel 2019 Bella ciao rivive attraverso le voci di Cristiano Godano, frontman dei Marlene Kuntz, e Skin, ex vocalist degli Skunk Anansie, all’interno di un disegno più ampio che si presenta con un videoclip che vede la collaborazione del sindaco di Riace Mimmo Lucano. È indicativo quanto un testo così semplice e diretto acquisti ogni volta una diversa sfumatura che rispecchia il tempo in cui la nuova Bella ciao nasce e risuona.
Il successo popolare si deve probabilmente alla versione di Giorgio Gaber, contenuta in Collezione Singoli 1965-1967, ma basta andare al 1972 per capire quanto questo canto di rivolta popolare abbia assunto nuove forme in base all’interprete e alla storia del tempo: in quell’anno la cantante di musica leggera Milva pubblica La filanda e altre storie, album che, dopo Canti della libertà del 1965, testimonia coraggiosamente un impegno politico non comune per gli autori del genere. La terza traccia è proprio Bella ciao, nella doppia versione delle mondine e dei partigiani, cantata con una voce colma di fermezza e solenne raffinatezza. Il pezzo cantato da Milva viene eseguito in una puntata di Canzonissima, programma televisivo trasmesso fino al 1975 dalla Rai, una gara musicale pop in cui il conduttore la presenta con una battuta, sminuendo ironicamente la presenza forte di un recupero di sostanza politica, dietro agli stacchetti delle soubrette e le canzoni che parlano di amori perduti.
Nei primi anni ’90 furono i Modena City Ramblers a darle di nuovo voce, nell’album Combact Folk del 1993 e in Appunti Partigiani, nel 2005, riproponendola assieme al compositore bosniaco Goran Bregović (che nel 2012, dopo averla portata nei live, la inciderà nel suo Champagne For Gypsies). L’intento è apertamente politico, entrambi si rifanno alla tradizione epurandola dallo charme della rivisitazione anni ’70 e dotandola di una potenza espressiva legata ai movimenti delle controculture. Ancora più estrema è la Bella ciao della band ska punk romana Banda Bassotti, che la incide nel 1994 nell’album omonimo Bella ciao. Il sound cambia di nuovo, unisce le sonorità classiche a quelle contemporanee e diventa ballabile, nostalgica e divertente al tempo stesso, forte. E quindi il senso travalica il genere e la lingua: nel 2018 anche il chitarrista statunitense Marc Ribot la ripropone nell’album Songs of Resistance 1942-2018, con la partecipazione del cantautore rock Tom Waits. Una fusione sussurrata di inglese e italiano, un’analisi coinvolgente delle armonie che l’hanno resa unica, qui riadattate per un intrattenimento ricercato e una rivisitazione poetica. Lo stesso succede per il progetto musicale Garofani Rossi di Daniele di Bonaventura, ripubblicato lo scorso 25 aprile, che affonda le radici nella storia della resistenza e nell’inedita attualità delle rivoluzioni del passato. L’operazione è una rivisitazione significativa dell’anima di pezzi, tra cui Bella ciao, che suggeriscono un costante senso di richiamo collettivo che non perde la sua forza espressiva. L’autore ne sottrae il testo lasciando solo la musica, che diventa pura, emotivamente immediata, nuova. La memoria storica accende delle connessioni che si lasciano avvolgere dalla rivisitazione dal carattere folk ma anche dalla ricerca colta della musica jazz.
Ognuno prende Bella ciao, la memoria storica che essa rappresenta, e la mantiene in vita, alimentandone i suoni e gli intenti, diventando parte attiva di un presente politico in cui si tende a dimenticare. Cantare oggi Bella ciao rispecchia il bisogno di rivedere ciò che ci appartiene, richiamando alla memoria il passato, ma prendendosi tutto il tempo per farlo riaffiorare nel presente e alla musica è affidata la dirompente potenza di una consapevolezza che non muore.
Silvia Mozzachiodi
Silvia Pezzopane
07/05/2019
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