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Sperimentazioni artistiche: al Monk Club i Múm sonorizzano “Gente di Domenica” di Billy Wilder

Mar 09

Se qualcuno avesse detto a Billy Wilder che nel futuro due producers di musica elettronica si sarebbero presi la briga di sonorizzare un suo film muto, probabilmente avrebbe stentato a crederci. Il film in questione è “Menschen am Sonntag” (“Gente di domenica”, 1929) di Robert Siodmak, Edgar G. Ulmer e Rochus Gliese, prima pellicola muta sceneggiata dal regista di “Irma La Douce”. E i musicisti dai nomi impronunciabili che hanno ideato questo cortocircuito originalissimo tra immagini in bianco e nero e colpi di synth e organi distorti, sono due componenti della band elettro-folk islandese dei Múm. Precisamente: Örvar Poreyiasrson Smárason e Gunnar Örn Tynesche, i fondatori del gruppo, nel lontano 1997. Sei album all'attivo e collaborazioni inattese come quella con Kylie Minogue, i Múm si sono fatti notare fin dall'album d'esordio – “Yesterday Was Dramatic. Today Is OK” (2000) – perfetto compendio tra elettronica e musica da camera, in cui le tastiere giocattolo e i suoni sintetici si alternano alle melodie più classiche di strumenti vintage quali fisarmoniche e chitarre acustiche.
Non è un caso che una band nota nel panorama internazionale per il suo stile evocativo e “magico”, rimando a una provenienza geografica segnata da atmosfere eteree e boschi abitati da fate e leggende, abbia scelto un film in cui l'assenza di trama, nella dimensione rarefatta di una domenica estiva, sembra essere la caratteristica più evidente. Siamo nella Berlino pre-nazista: di lì a poco sarebbe sprofondata nel baratro dell'orrore, ma in “Menshen am Sonntag” è ancora tutto luce e spensieratezza. Bambini biondi che giocano in riva al fiume, vecchie signore nei loro costumi casti, giovani sui pedalò che stanno per innamorarsi. Una versione poco nota del capoluogo tedesco, chiassosa e sorridente, battuta dal sole e scossa da una leggera brezza, sicuramente discordante rispetto a quella ben più conosciuta e lugubre degli anni della guerra.
Örvar Smárason e Gunnar Tynesche si trovano ai lati opposti del palco del Monk Club, camicia gialla l'uno, maglietta scollata verde-militare l'altro, curvi sui synth, alzando di tanto in tanto lo sguardo per seguire qualche scena della proiezione.
Manca più della metà della band, prime fra tutti le gemelle Gyoa e Kristín Valtysdòttir, le “sirene” dalla voce soffusa capaci di attirarti verso i flussi ipnotici di brani come “Green Tunnel of Glass” (singolo di lancio del capolavoro “Finally We Are No one”, del 2002) o “The Land Between Solar System”, il brano che conclude coi suoi 12 minuti il sorprendente album d'esordio. Mancano le fisarmoniche e i sussurri, ma tornano i trilli metallici di carillon infantili, la magia di ninnananne sognanti e alcune tracce melodiche simili a quelle dei brani più noti. Smárason e Tynesche trascinano gli ascoltatori, comodamente seduti sulle poltroncine rosse del Monk Club, in un viaggio emotivo che mixa suspance e mood malinconico, rarefazione e beat incalzanti, con improvvisazioni a quattro mani che si sposano perfettamente con il ritmo lento delle immagini.
Il risultato è un'opera in tutto uguale e in tutto diversa rispetto al film muto del 1929: «più ambigua, diranno i suoi detrattori; ma l'ambiguità è una ricchezza», avrebbe detto Borges. Sperimentazioni del genere non sono di certo una novità. Né per i Múm, che nel 2004 avevano sonorizzato niente poco di meno che “La Corazzata Potemkin” di Ejzenstein, né per altri gruppi. Per restare in Italia, nel 2007 i Marlene Kuntz avevano scelto un film muto degli anni ’20, “La signorina Else” del regista tedesco Paul Czinner, per testare le loro doti compositive, mentre molto più recente è la sonorizzazione di “C’era una volta” di Carl Theodor Dreyer da parte dei chitarristi Paolo Spaccamonti e Stefano Pilia (Afterhours e Massimo Volume) e della violoncellista Julia Kent.
Quello che è certo è che in questo caso il cortocircuito tra estetica cinematografica classica e musica contemporanea sembra riuscire senza troppi attriti.

Visti al Monk il 7 marzo

Marta Gentilucci 09/03/2016

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