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“Mezzanine XXI”: i Massive Attack ci riportano nel passato per proiettarci verso il futuro

Feb 10

«È tempo di lasciarsi alle spalle i fantasmi».
Partiamo dalla fine, dall'ultima delle frasi apparse (in italiano) sul video wall posto in cima al palco, per raccontare “Mezzanine XXI”: il concerto che i Massive Attack stanno portando in giro per l’Europa per commemorare l’omonimo capolavoro del ’98 e che, lo scorso 8 febbraio, li ha visti esibirsi al Palalottomatica di Roma.

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Ci invita a tagliare i ponti con il passato, il collettivo di Bristol. A proiettarci verso il futuro. Un’esortazione che sembrerebbe stonare sia con il senso di uno spettacolo che va a riproporre dal vivo un album di 21 anni fa, sia con la scelta di mandare in diffusione, prima dell’inizio dello show, diverse hit del 1998 (da Robbie Williams a Britney Spears, da Fatboy Slim agli Aerosmith). L’intento è chiaro, almeno apparentemente: riportare lo spettatore indietro nel tempo e cristallizzarlo in quel dato momento, in quello specifico anno in cui il disco uscì.

Ciò nonostante “Mezzanine XXI” si dimostra tutt’altro che una banale operazione nostalgia. Certo, sentire eseguita per intero la tracklist del disco e rivedere (dopo anni) Elizabeth Fraser cantare assieme e Robert del Naja e soci è un tuffo nei ricordi. Ma quello che i Massive Attack vogliono è parlare del presente, pur pescando dal passato. E non c’è da sorprendersi che ci riescano. Perché Mezzanine, con quelle sue atmosfere oscure e ansiogene e quella sua tensione perturbante – quasi apocalittica –, è un disco che non è invecchiato di un giorno. Figlio dei suoi tempi, certamente, ma ancora capace di risultare tremendamente attuale. Sia per quel sound così avveniristico, frutto dell’incontro tra elettronica, rock, techno, dub, reggae e hip hop. Sia perché quelle paranoie e quelle inquietudini che lo pervadevano sono le stesse che in questi vent’anni hanno trovato concreta realizzazione.

E così il trip-hop allucinato e ipnotico dei producer inglesi diventa una perfetta colonna sonora per le immagini proiettate sullo schermo alle spalle dei musicisti. Immagini che mostrano un mondo in cui l’individuo,Massive Attack «controllato e osservato dal sistema», è diventato schiavo della tecnologia e ostaggio della sua stessa insicurezza. Una «società bidimensionale» ammorbata da conflitti e ferma su di se, come «intrappolata in un loop infinito».

E già che di loop – quelli delle cibernetiche sequenze elettroniche o delle cupe linee di basso – i sette musicisti presenti sul palco ce ne fanno sentire parecchi. La scaletta, oltre a presentare ciascuna delle undici tracce dello storico disco, è arricchita da una serie di cover mai casuali. Dalla rarefatta I Found a Reason dei Velvet Underground, alla martellante “10:15 Sunday Night dei Cure, dalla celestiale Where all the Flowers Gone di Peter Seegel (cantata dalla Fraser), all’energica Rockwrok degli Ultravox. Tutti brani citati o campionati nelle canzoni di “Mezzanine” e qui proposti in versione integrale, in un’operazione di vivisezione e destrutturazione della propria opera che i Massive Attack mettono in pratica in maniera impeccabile.

Al microfono si alternano i due membri fondatori Robert “3D” Del Naja e Grant “Daddy G” Marshall, l’immancabile Horace Andy e la sublime Elizabeth Fraser (storica voce dei Cocteau Twins). Nessuna interazione con il pubblico: i vocalist si danno il cambio senza che ci sia alcun saluto o ringraziamento in direzione degli spalti. I musicisti suonano nella penombra, quasi interamente nascosti. A parlare sono le canzoni e le immagini, nient’altro.

Ed ecco che, come sedato dagli oppiacei mostrati a un certo punto dalle immagini sullo schermo, lo spettatore cade in preda a una sorta di «dream-like state». Un’alterazione percettiva e sensoriale indotta dalla ripetitività ossessiva delle melodie, dal ritmo cadenzato dei beat, dal cantato etereo della Fraser, dalla presenza sciamanica di Andy. Il tutto sugellato dal rap sussurrato di Risingson e Inertia Creeps (tese come corde di metallo) e dalle deflagrazioni rock di Dissolved Girl e della maestosa Angel. O dall’incedere sensuale di Black Milk e dalle sonorità ipnogene di “Group Four e della delicata e attesissimaTeardrop.

I Massive Attack tornano indietro, ma solo per dirci di andare avanti. Se «il passato ci ha offuscato la vista e ha iniziato ad annebbiare il futuro» non ci resta che abbandonare questo passato, per quanto seducente possa sembrarci. Per non rimanere «fantasmi» intrappolati in un loop infinito.
«È tempo di mettere alle spalle il passato e iniziare a costruire il futuro».

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SETLIST:

1. “I Found a Reason” (The Velvet Underground cover)
2. “Risingson”
3. “10:15 Saturday Night” (The Cure cover)
4. “Man Next Door” (con Horace Andy)
5. “Black Milk” (con Elizabeth Fraser)
6. “Mezzanine”
7. “Bela Lugosi’s Dead” (Bauhaus cover)
8. “Exchange”
9. “See a Man’s Face” (Horace Andy cover, con Horace Andy)
10 “Dissolved Girl”
11. “Where All The Flowers Gone” (Peter Seeger cover, con Elizabeth Fraser)
12. “Inertia Creeps”
13. “Rockwrok” (Ultravox cover)
14. “Angel” (con Horace Andy)
15. “Teardrop” (con Elizabeth Fraser)
16. “Levels” (Avicii cover)/”Group Four” (con Elizabeth Fraser)

Francesco Carrieri, 10-2-2019.