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Levante inaugura Roma incontra il mondo: Ciao per sempre, villa Ada

Lug 01

L’abbiamo aspettata per un’ora, radunati intorno al palco nel parco di Villa Ada, nell’aria fresca del 30 giugno. L’abbiamo aspettata, e qualcuno si stava un po' spazientendo, e le birre si stavano svuotando nei bicchieri, e i mozziconi di sigarette aumentavano tra i nostri piedi.
E alla fine è arrivata, preceduta dal suo nome scritto in maiuscolo da tante lampadine accese: LEVANTE.
Claudia Lagona ha un paio di jeans aderenti e una maglietta a righe, i capelli scuri sciolti che le cadono sul viso e che costantemente scosta, ributtandoli all’indietro. Ha anche una voce potente, intonatissima, che si fa spesso esplodere tra i tamburi e gli accordi della sua band, che a volte scandisce e a volte sussurra storie di cuori, di rabbie e di persone.
Apre il concerto con belle parole sull’amore e sulla vita, forse un po' troppo belle e un po' troppo già dette; ma poi si passa ai suoni, e siamo di nuovo sulla stessa lunghezza d’onda. “Abbi cura di te”, ci dice fin da subito. Quindi prosegue, e ci accudisce lei in questa serata, infilando uno dietro l’altro pezzi dai suoi due album, alternandoli solo con qualche ringraziamento e - più di qualche - cambio di chitarra per disguidi che riesce sempre a farci dimenticare.Levante1
È un concerto impressionante, quello che si plasma davanti a noi, nel senso che lascia un’impressione, un’impronta dentro. È speciale perché è semplice. Giochi di luce a parte, Levante usa solo la propria presenza per creare lo show. Quasi come una dichiarazione di guerra ai fronzoli decorativi, agli artifici retorici: protagonista è, e deve restare, la musica, e basta.
Ci sono solo loro, le sue canzoni: da “Come quando fuori piove”, “Contare fino a dieci”, “Ciao per sempre”, “Sbadiglio”, “Le lacrime non macchiano” alla prima grande vera hit radiofonica “Alfonso”. Un’ora e mezza di musica che scorre regolare, tra pochi brani in acustico e altri sfumati sul rock o sul folk.
E per quello che ha creato, sul palco come in studio di registrazione, la ringraziamo: sia come appassionati di buona musica, che in quanto donne. Perché, diciamocelo, in un ambiente artistico “alternativo” dominato da uomini, vedere una giovane così sicura di sé, ben impostata e imposta nel sistema e – last but not least - oggettivamente brava, è un piacere.
E forse poi ci si potrà chiedere quanto sia veramente dura e pura come mostra di essere, e quanto invece sia studiata e strutturata. Ma, in fondo, ci interessa davvero così tanto? Levante è credibile, è godibile, è divertente. I suoi testi sono poetici, scavati tra giochi di parole e di esperienze anche sofferte. La sua musica è orecchiabile, ben sostenuta e ricca di scambi tra generi, commistioni di stili e di sonorità.
Levante non è scontata, non è monocorde e non è ordinaria. Ha creato un ambiente scanzonato ma professionale, unendo le indubbie qualità canore e compositive a uno spirito entusiasta, semplice, attaccato al quotidiano e alla sua continua evoluzione.
E sarà forse per questo che il suo pubblico spazia tra le età e le tipologie umane più varie, dagli alternativi alle coppie sposate, passando per gruppi di ragazze ventenni con rossetto e minigonna. Raduna il popolo di Laura Pausini come quello dei Verdena, li fa convivere e incontrare. E non è semplice.
Onore a lei dunque, che dell’indie è riuscita a fare prodotto semi-commerciale senza perderne le intenzioni originarie e senza farsi sovrastare e inghiottire dall’industria dello spettacolo e del personaggio.

Giulia Zanichelli 01/07/2016

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