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Le riflessioni aleatorie di Francesco Leineri e Luigi di Marco rielaborano Children’s Song

Gen 28

Dal 19 gennaio al 30 aprile 2016 Roma e alcune città del Lazio ritrovano l’appuntamento con Dominio Pubblico, una rassegna di teatro e danza contemporanea che premia la creatività di attori, autori e ballerini non ancora conosciuti, noti soltanto a un pubblico di nicchia o ai molto giovani, come gli under 25 del progetto omonimo portato avanti con il teatro di Roma, un vero e proprio laboratorio attivo di visione e programmazione curato e realizzato dal nuovo gruppo di lavoro rigorosamente al di sotto dei venticinque anni.
La collaborazione nella Capitale fra il teatro dell’Orologio e l’Argot è figlia di una politica di penetrazione culturale ed equa distribuzione delle occasioni di crescita e di godimento artistico nata allo scopo di moltiplicare le possibilità per gli artisti di essere visti e apprezzati. Quest’anno il raggio d’azione dell’iniziativa si è allargato anche a un paio di appuntamenti di sperimentazione musicale.
Sul palco dell’Argot Studio Francesco Leineri e Luigi di Marco ci ricordano che il 27 gennaio non è solo la giornata della memoria, ma è anche la data dell’anniversario della nascita di Wolfgang Amadeus Mozart, un evento che purtroppo quasi nessuno ricorda perché le televisioni non ne parlano. I canali comunicativi scelti dai due giovani musicisti sono infatti assolutamente non convenzionali.
Entrambi fanno parte di “Free Music Factory”, il contenitore caleidoscopico nel quale si inserisce un collettivo di liberi musicisti quasi unici nel loro genere, uniti dal fil rouge di una particolare propensione a un linguaggio libero e di improvvisazione radicale.
La profonda analisi e attenta destrutturalizzazione di “Children’s Song”, una delle partiture pianistiche più famose del tastierista jazz statunitense Chick Corea, sembra un happening che non si ripeterà mai più allo stesso modo. La rivisitazione della musica di Corea si muove sinuosa fra sperimentazione creativa e interpretazione fedele, fra i clarinetti e i sassofoni di Luigi di Marco e l’ampio set di oltre sette strumenti di Francesco Leineri, pianista e compositore.
Anche l’improvvisazione ha le sue regole ferree. Bisogna ragionare per scomposizione spiega Leineri agli spettatori, rendendoli finalmente coscienti dell’ascolto e della visione. I due musicisti hanno infatti creato una composizione estemporanea basata sulla scissione in blocchi delle cellule musicali preesistenti di Corea, lavorando sul timbro e cercando di rintracciare all’interno delle sue partiture una voce nascosta, sottesa. Un percorso di ricerca sperimentale in cui le cellule swing del pianista jazz statunitense vengono ripetute in loop da Leineri, mentre xilofoni, fisarmoniche, armoniche a bocca, clarinetti e sassofoni diventano gli strumenti adatti a un personalissimo dialogo musicale volto a sviluppare il senso primigenio dell’improvvisazione.
Il leggero ticchettio di un metronomo tenta per qualche minuto di scandire il ritmo sul palco, per poi essere interrotto perché non riesce a contenere la straripante vitalità dei due musicisti, i quali si lasciano trasportare in un vortice quasi infinito di libera creatività, utilizzando per l’occasione anche strumenti inusuali tra cui una piccola campana tibetana e un campanello d’albergo che per un attimo ci ha ricordato l’elegantissimo Grand Budapest Hotel di Wes Anderson.
Si potrebbe dialogare per tutta la notte con la musica, conclude Raineri. Forse la voce che i due artisti stanno cercando è proprio la loro.

Andrea El Sabi 28/01/2016

 

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