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La regina del Mali: Rokia Traoré in concerto all’Auditorium Parco della Musica di Roma

Mar 02

“One world, one destiny, one aim, one thing to never forget: respect” (“Se Dan” Rokia Traorè)
Una performance carica di passione e di contrasti, quella di Rokia Traorè. Una visione di un mondo pieno di contraddizioni e paradossi, in cui la paura della diversità va combattuta, per raggiungere la pace, perché non è importante chi siamo o cosa abbiamo, ma contano invece le potenzialità e il valore del rispetto. Rokia Traorè infiamma la platea della Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica di Roma (29 febbraio 2016), in occasione della presentazione del sesto album “Né So”, che in lingua bambara vuol dire “A casa”. Dopo vent’anni di carriera, la polistrumentista e cantante del Mali, allieva del grande Ali Farka Touré, cresciuta a Bruxelles, percorre la strada in senso opposto. Tornare a casa significa riscoprire le proprie origini musicali, la forza delle radici, la bellezza di ritrovarsi, per proseguire il proprio cammino artistico con uno spirito diverso, più maturo e intensamente poetico. Il messaggio, talvolta celato, altre dichiarato, vive nei suoi brani, intonato da una voce graffiante e oscura, come quella della Traorè, ed è un pensiero di raccoglimento, carico di pathos. A prescindere dalle distinzioni di classe, di colore, di popoli, l’ambasciatrice della musica africana ricorda a tutti l’arte del rispetto, l’amore per il prossimo.
Rokia Traoré, è un’artista impegnata, politicamente e culturalmente, che ha compreso il senso della musica: la capacità di esplorare culture, umanità, generi e strumenti radicalmente diversi, ma comunicanti tra loro, mediante il linguaggio universale della musica. La sua forza risiede nell’interazione sonora tra i musicisti che la accompagnano sul palco e che in un’atmosfera gioiosa e liberatoria creano legami dialettici con lo charme vocale e la sensualità della cantante. Tra i musicisti, alcuni sono gli stessi dell’album precedente “Beautiful Africa”, un disco multiculturale, aperto alle contaminazioni della musica occidentale, proprio come “Né So”. La produzione è affidata a John Parish, stimato producer (P.J. Harvey, Eels, Tracy Chapman), poi ci sono Stefano Pilia alla chitarra, Mamah Diabaté allo n’goni, il bassista ivoriano Matthieu N’Guessan, il batterista del Burkina Faso Moïse Ouatara e la corista Bintou Soumbou Nou. Al processo compositivo dell’album partecipano anche Rodriguez Wangama, l'ex Led Zeppelin, John Paul Jones al basso (Kronos Quartet) e al mandolino il musicista americano Devendra Banhart, chitarra e voce in “Sé Dan” (al cui testo ha collaborato il Premio Nobel alla Letteratura Toni Morrison, scrittrice afroamericana e militante antirazzista).
Il concerto si apre con il brano “Né So”. Rokia canta in francese e ricorda i cinque milioni e mezzo di profughi, che nel 2014, furono costretti ad abbandonare la propria casa per cercare rifugio altrove. La realtà del Mali, così come la sua vita, all’insegna del nomadismo, diventano spunto di riflessione per la realizzazione dell’opera. La voce grave e intensa della cantante è sostenuta dai cori africani e da sonorità antiche dello n’goni. A differenza del precedente lavoro, nell’ultimo album tutto diventa più intimo, semplice e minimalista, quasi solitario. “Kolokani” dà inizio a un momento privato. Sul palco si alternano solo le voci della cantante e della corista. Rokia Traorè abbandona l’accompagnamento musicale, privilegiando l’emozione con un timbro caldo, a discapito dell’estensione o di vocalismi graffianti, per raccontare la vita dei villaggi e i loro valori. Continua a giocare con ritmi africani, con sonorità blues, jazz e distorsioni elettroniche, ma questa volta il mood è più oscuro e personale. In “Strange Fruit” (brano portato al successo da Billy Holiday), la cantante del Mali è guidata da un andamento ondulatorio e sensuale della chitarra e, solo alla fine, da movimenti cromatici dello n’goni che ci trasportano in un altro tempo, quello di una terra del passato. “Kenya”, invece, accende la platea e sprigiona pura felicità. È il brano con più elaborazioni ritmiche, cambiamenti di tempo e cori in lingua bambara dell’intero album: il manifesto della cultura musicale africana. “Tu Voles” è invece un invito a liberarsi dalle difficoltà della vita, a librarsi in volo, caratterizzato da una reiterazione di figure ritmate della batteria, di cellule melodiche della chitarra che conferiscono al brano una struttura circolare, nella quale la voce leggera e flebile della Taorè dona una sensazione di libertà mentale e corporea.
Tra nostalgia, dolore, amore e libertà, Rokia Traorè, incanta il pubblico romano con grinta combattiva e delicatezza eterea, ripetendoci alla fine il suo messaggio:

“Qualsiasi obiettivo deve avere una ragione
Qualsiasi successo è frutto di una ragione
Qualsiasi fallimento è frutto di un obiettivo senza ragione”.

Serena Antinucci 02/03/2016