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Buon compleanno Faber!

Feb 18

Fabrizio Cristiano De André nacque a Genova il 18 febbraio 1940: settantasei anni più tardi – nonostante i diciassette trascorsi dalla morte – eccoci alle prese con l’istinto di riascoltare la sua voce venire su dal solco di un vecchio vinile, accogliere quelle parole – ora fendenti, ora calde come un abbraccio – e sussurrare “Buon compleanno Faber”.

Che senso può avere festeggiare un compleanno che non c’è più, celebrare laicamente quella che ormai è un’idea che “dorme sulla collina”?

Ne ha molto. E non per i continui tributi (più o meno “Fazio-si” televisivi, teatrali, musicali e anche cinematografici), né perché si vada alla rincorsa di continui, quanto inutili, paragoni con la musica d’autore contemporanea; in fondo lo stesso De André affermava “[…] non è vero che le nuove generazioni non abbiano degli ideali è solo che questi devono ancora essere storicizzati e noi siamo troppo affezionati ai nostri […]”; e allora perché oggi c’è ancora bisogno di ascoltare “Anime Salve” o “ La Buona Novella”?

Forse perché, come accade ai più grandi, le parole riescono a intercettare la direzione delle cose prima che queste si concretizzino; forse perché la potenza di un narratore da strada (e non di strada) come De André sta nel sapere dipingere il particolare con le tonalità dell’universale.

E allora facciamoci un regalo, in fondo che compleanno sarebbe senza?

Proviamo rileggere (sarebbe meglio ascoltare) “Smisurata Preghiera” e a capire in che misura un testo del 1996 riverberi fino ad oggi:

“Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta”

Solo due strofe, eppure ecco comparire gli scenari contemporanei dei naufragi di migranti nel mediterraneo, quelle “morti azzurre” che si seppelliscono negli atteggiamenti istituzionali da maggioranza – gli stessi che il secondino del brano “Don Raffaè” stigmatizzerebbe con “si costerna, s’indegna e s’impegna, poi getta la spugna con gran dignità”; e ancora, nella seconda strofa, ecco l’Ilva e il suo “scandalo metallico”, che sfuma nelle deroghe ambientali e nelle direttive dell’AIA.

Gli esempi sarebbero tanti, addirittura troppi e allora approfittiamo di una data sul calendario, di un post sui social network e finanche delle parole di circostanza che “la maggioranza” userà per ricordare il poeta di Genova e della Sardegna, per ritirarci in una bolla di riflessione “ostinata e contraria” e godere degli affreschi di umanità racchiusi in quelle che no, non erano solo canzonette.

Adriano Sgobba

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