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"Body Worlds": come siamo vivi?

“Body Worlds – Il ciclo della vita” è una mostra di respiro internazionale visitabile a Roma sino al 21 Giugno 2015, nata con volontà di divulgazione scientifica dall’inventore del metodo della plastinazione, l’anatomopatologo Gunter von Hagens. La plastinazione è tecnicamente una procedura di conservazione dei corpi attraverso la sostituzione dei liquidi in polimeri di silicone tale da lasciarne inalterati i colori e rendere rigidi e inodori i tessuti per bloccarne la decomposizione e strutturarli in varie pose in fasi successive del trattamento.

Il percorso della mostra compone linearità e digressioni tra corpi esposti secondo linee ontogenetiche preservando una sorta di personalizzazione all’interno delle logiche della scienza accumulativa. Vita e morte sono in recitazione. I corpi plastinati si muovono tra arte e scienza sin dallo stato fetale.

Il ciclo di vita è esposto in modo piuttosto divertente e perfino dolce ed è reso più compatto da didascalie poco patinate ma abbastanza chiare.

Alcune fra le suggestioni/digressioni più accattivanti ci sono sembrate le incursioni sulla visione patologica di pittori impressionisti quali Degas e Monet in cui si offre il raffronto tra ciò che le loro opere trasmettono all’occhio del pubblico (normovedente, si intende) e ciò che visualizzavano gli artisti al momento della creazione.

Gli intrecci tra Body Worlds e l’immaginazione artistica non finiscono qui: uno spazio ben delimitato dal pubblico schiude il tavolo di una partita a poker tra corpi plastinati ripreso da una delle scene in cui lo stesso compariva all’interno del film del 2006 “Agente 007-Casino Royale”.

Il corpo umano è esibito per lo più in quanto “maschio” e spesso in pose atletico-eroiche. I modelli femminili associati alla descrizione dei ruoi materno/riproduttivi; d’altra parte, residuale il racconto della sessualità – rispetto, ad esempio, all’evolversi di malattie – se non nelle sue funzioni “rigeneranti” e non meramente legate alla performance anche in tarda età.

Una riflessione aperta: perché caricare di partecipazione emotivo-relazionale questi cadaveri che si sporgono possenti pur nella morte? Non si tratta di un’esposizione di cadaveri per studenti di medicina, certo, e neppure – ci permettiamo di dire – estranea ad una sorta di animismo scientifico.

Il tempo ci è parso molto più di un’opzione narrativo-espositiva. Il tempo filtra i filamenti muscolari e le strisce di pelle dei corpi plastinati.

La cronologia del declino annunciato per eccellenza (la vita sulla Terra) sembra essere l’elemento pienamente umano all’interno di questa operazione di sfida all’ineluttabilità che condividiamo.

 

(Rosa Traversa)

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