Inghilterra, primi anni del ‘700. La regina Anna, ultima regnante Stuart e prima sovrana del Regno di Gran Bretagna dopo l’annessione della Scozia, si trova a regnare durante una guerra contro la Francia che non è in alcun modo in grado di gestire. Lontana dai campi di battaglia e dai morti provocati dalla guerra, Sua Maestà – interpretata da Olivia Colman – si aggira incerta e zoppicante nel suo palazzo anche a causa della gotta di cui soffre e lascia che a tenere le fila del regno sia la sua dama di compagnia e intima confidente Sarah Churchill, duchessa di Marlborough – Rachel Weisz – che intende far proseguire a oltranza il conflitto. Gli equilibri di corte mutano quando Abigail Masham – Emma Stone – cugina di Sarah, giunge a palazzo in cerca di un’occupazione qualsiasi dopo la bancarotta della sua famiglia. Yorgos Lanthimos si inserisce sorprendentemente all’interno di tali vicende storiche e racconta con spietata ironia le mosse e contromosse che le due cugine attuano a vicenda per conquistare i favori della regina.
Il triangolo amoroso messo in atto dalle tre donne è perfettamente riuscito grazie alle prove sorprendenti delle tre attrici: Olivia Colman, che ha di recente preso il posto di Claire Foy nella terza stagione di The Crown vestendo i panni della regina Elisabetta II, interpreta qui una regnante totalmente diversa. La regina Anna è infatti una donna insicura, sofferente, volubile, capricciosa e bisognosa di affetto, provata dalla morte di diciassette figli – abortiti o nati morti – e dagli attacchi di gotta che riescono talvolta a sopraffarla, e la sua interpretazione da parte della Colman è sempre deliziosamente sopra le righe senza mai essere eccessiva. Calibratissime le interpretazioni di Emma Stone e Rachel Weisz, cugine spietate e senza scrupoli che ambiscono ad essere la favorita, per l’appunto, e sfruttano la debolezza psicologica della regina per ottenere potere e sistemazione economica, infilandosi tra le sue lenzuola e cercando entrambe di ottenere il suo affetto. Eppure, l’amore non è affatto protagonista della vicenda, a meno che per amore non si intenda quello malato della regina per il suoi 17 conigli – uno per ogni figlio morto prematuramente o non nato – o quello fasullo di Abigail per l’uomo che sposa unicamente per ottenere una rendita. Persino la relazione di lunga data tra la regina e la sua confidente Sarah, scoperta ben presto da Abigail, pare piuttosto dettata dalla vorace necessità di attenzioni di Sua Maestà piuttosto che da vero amore.
Lanthimos, insomma, mette in scena una vera e propria satira del potere, che è forse il tema principale della storia: sorprende notare che le decisioni infantili e prese d’impulso dalla regina possono provocare migliaia di morti sul campo di battaglia e che un suo solo cenno della mano o una frase pronunciata in maniera incurante possono infliggere al popolo nuove sofferenze o lievi benefici. In questa storia tutta al femminile, poco spazio è riservato agli uomini: quelli rappresentati non sono quelli dei campi di battaglia ma i nobili imparruccati e imbellettati che si divertono a banchettare e a far correre anatre all’interno del palazzo. Il regista greco, insomma, sorprende ancora una volta con una pellicola di cui per la prima volta non firma la sceneggiatura – gli autori sono Deborah Davis e Tony McNamara –, e giunge al Festival del cinema di Venezia con quella che è stata definita una dramedy o una commedia nera, impreziosita dalla fotografia di Robbie Ryan e dai costumi di Sandy Powell.
Pasquale Pota 04-09-2018