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Venezia72: un magistrale Johnny Deep in Black Mass

Negli anni settanta Jimmy Bulger è stato uno dei criminali più amati e rispettati di Boston. John Connolly, amico d'infanzia divenuto agente dell'FBI, e il senatore Bill Bulger, fratello di Jimmy, sono stati la chiave per l'ascesa al potere del malvivente. Divenuto ben presto “informatore” della polizia, Jimmy ha potuto agire indisturbato nelle vie della città per oltre dieci anni, divenendo il più temuto boss della criminalità organizzata sino alla metà degli anni ottanta. Di fatto, questo avvenne perché la polizia federale instaurò un rapporto di mutuo soccorso con l'uomo, lasciando che l'amicizia con l'agente Connolly, disposto a tutto pur di far carriera, facesse prosperare corruzione e malaffare, sancendo l'egemonia di Bulger sul territorio.
Il protagonista (Johnny Deep), per quanto enigmatico, si svela al pubblico attraverso una gestualità sempre più dirompente, a contrasto con una personalità viscida e sfuggevole, che fa emergere le capacità camaleontiche dell'attore.
Presentato fuori concorso e applaudito dalla critica a Venezia, Scott Cooper regala un gangster movie formalmente impeccabile, senza vezzi registici che oscurino l'espressività di Depp, finalmente riapprodato al ruolo di antieroe in cui l'avevamo lasciato con Dillinger.
Pur essendo una maschera di sé, l'attore riesce in un'interpretazione magistrale, in merito alla quale dichiara: “C’è qualcosa di malvagio in me stesso che ho accettato da molto tempo”. Una presa di coscienza con cui si lascia alle spalle i personaggi caricaturali degli ultimi tempi (da Mortdecai al Cappellaio di Burton), dimenticando addirittura la bontà d'animo dello stesso Dillinger, visto come un Robin Hood a paragone con Bulder.
È alla dualità del personaggio che Depp s'ispira, dichiarando quanto “Oggi per interpretare questo gangster non si debba riprodurre solo gli atti violenti da lui compiuti, ma lavorare anche sul linguaggio adottato da Bulger con le persone con cui faceva affari o si scontrava. Mi sono sempre ispirato a Marlon Brando, John Garfield, Long Chaney senior quando recito. Tutti si trasformavano in scena, era diventata un’ossessione per loro e lo è anche per me.”
Insieme a Joel Edgerton (l'agenete Connolly), il cast aumenta esponenzialmente il valore di una scrittura già forte di per sé, arricchendo il film di personaggi che si muovono continuamente tra la linea sottile che divide morale e immorale, individualismo mascherato da un'amicizia, malaffare e legalità.
Unica nota stonata del film è la totale assenza della città di Boston, relegata fin troppo a fare da sfondo alle vicende dei criminali, senza che vi sia una vera e propria contestualizzazione. La volontà di distaccarsi dal film di genere, finisce per sminuire l'impatto di una vicenda che non sembra legarsi con l'evoluzione della società in cui è inserita.

Olivia Fanfani 07/09/2015