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Venezia72: I Bambini dimenticati di "Beasts of no Nation"

La vita di Agu (Abraham Attah) è un'esistenza semplice, di chi vive in un villaggio cuscinetto dell'Africa nera, in cui è facile dimenticare la guerra tutt'intorno attraverso l'immaginazione e l'amore di una famiglia numerosa.
Quello che Agu non coglie è la precarietà di questa pace, che può venir meno da un momento all'altro, un colpo di stato e via, le donne costrette a scappare coi bambini più piccoli e gli uomini lasciati in attesa, a fare la guardia ad un paese fantasma conteso tra i ribelli e i soldati dello stato militare.
Così, in brevissimo tempo, l'esistenza spensierata e felice di un bambino come tanti, viene spezzata da un attacco che porta via ad Agu ogni cosa: la madre costretta a scappare nella capitale diverrà simbolo di una serenità costantemente anelata ma sempre più astratta, mentre il padre e il fratello saranno uccisi davanti ai suoi occhi, dando inizio all'orrore dei boschi, coi soldati di una fazione ribelle che lo arruolano rendendolo un loro soldato.
Primo film ad essere presentato in concorso alla 72 Mostra del cinema di Venezia, Beasts of no nation non può lasciare indifferenti; la facilità con cui un ambiguo comandante (un imponente Idris Elba) spazza via l'innocenza dagli occhi dei “suoi” bambini è una stretta allo stomaco che il pubblico farà fatica ad accettare.
Cary Fukunaga (True Detective, Jane Eyre) dirige con maestria un film sull'intervallarsi di immagini cruente, accompagnate dalla voce narrante del piccolo Agu, a dimostrazione di quanto la psicologia di un bambino venga manipolata da un susseguirsi di eventi che cambiano totalmente il suo rapporto con il reale, sino a dargli piena consapevolezza della bestia che è diventata agli occhi del ragazzino che fu. Il conflitto è forte a tal punto da far apparire la morte come unica via di uscita alla violenza delle azioni, alla droga e agli stupri perpetrati in un ciclo che non sembra potersi fermare. Interessante notare come la scena in cui Agu è drogato, venga sapientemente resa dal regista con una visione soggettiva del piccolo, accompagnata da allucinazioni, a simboleggiare la rottura e il distacco totale della coscienza di Agu dalle proprie azioni.
In merito va sottolineata l'ottima l'interpretazione del giovane protagonista Abraham Attah, che per tutta la durata del film riesce a rendere i cambiamenti del personaggio attraverso l'intensità degli sguardi e l'espressività di un volto che sembra man mano mutare completamente, dall'innocenza del fanciullo che era al cinismo del giovane uomo costretto ad essere bestia per sopravvivere.
Beasts of no nation è tratto dal libro omonimo di Uzodimna Iweala, in cui l’autore si è ispirato a fatti realmente accaduti in diversi luoghi dell'Africa centrale per costruire una finzione disarmante per quanto realistica. Non vi è una vera e propria contestualizzazione, l'unico riferimento territoriale si ha con la città di Taro, vissuta come la terra promessa, in cui il comandante sostiene che, finalmente, tante uccisioni e violenze verranno riconosciute come legittime perché in virtù di una guerra giusta, perpetrata per vendicare la morte di tanti innocenti.
La morte per la morte quindi, bambini che per questo crescono troppo rapidamente, induriti da peccati commessi per riscattarne altri, in un susseguirsi di contraddizioni che schiacceranno per sempre la loro esistenza, consapevoli che “quando finirà questa guerra, non saranno più i bambini che sarebbero dovuti essere”.
Primo lungometraggio prodotto dalla Netflix (House of Cards, Orange is the new black), l'uscita del film è prevista per il 16 Ottobre in America.

Olivia Fanfani 03/09/2015