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“Uno sguardo raro 2019”: la diversità come sintomo di unicità

Si è appena conclusa la quarta edizione di “Uno sguardo raro”, il Festival di cinema internazionale interamente dedicato al tema delle malattie rare. Un progetto nato nel 2016, grazie all’incontro tra Claudia Crisafio – attrice e autrice – e Serena Bartezzati – professionista nell’ambito della comunicazione e malata rara –, con l’obiettivo raccontare la diversità attraverso lo sguardo della telecamera.

Cinema come mezzo di comunicazione e informazione, dunque, ma anche come strumento di sicuro impatto emotivo: capace di stimolare lo spettatore e di sensibilizzarlo nei confronti di un argomento troppo spesso ignorato. Quello delle “malattie rare”: patologie complesse e destabilizzanti che colpiscono appena lo 0,05% della popolazione.

“Raro ma non solo” è stato il tema dell’edizione del 2019 (che ha avuto luogo a Roma – in diverse sedi – dal 28 gennaio al 3 febbraio); uno slogan ben capace di fotografare il proposito di assistenza, cura e inclusione sociale, da sempre centrale per questo evento. Sin da quando era solo una piccola rassegna nazionale di spot, cortometraggi e documentari.
Da un paio di anni ha assunto la veste di Festival internazionale e, per quest’ultima edizione, ha ricevuto più di 800 lavori da ben 83 Paesi.

Le 21 opere finaliste, selezionate da una giuria presieduta dall’attore Gianmarco Tognazzi, sono state proiettate sabato 2 febbraio presso la Casa del Cinema di Roma. 21 filmati provenienti da ogni Paese e accomunati dall’obiettivo di raccontare, sotto diverse angolazioni, l’esperienza di chi, per citare la vice-direttrice Serena Bartezzati, «vive ogni giorno che passa come una conquista».

C’è chi ha deciso di farlo con leggerezza e freschezza, come i corti animati “Le anomalie vascolari” (Cosmoferruccio De Stefano) e “La lingua degli alieni” (Pamela Pompei): due lavori che, pur servendosi di un linguaggio giocoso e infantile, non perdono per strada la loro efficacia divulgativa. Chi, invece, ha deciso di intraprendere la via dell’ironia, come gli italiani “Senza ... peccato” (Marco Toscani) e “Da zero a dieci” (Paula Boschi) e il greco “Figaro”(Dimitres Andjus).
C’è poi chi ha scelto di assumere un approccio più autoriale, come l’inglese Annie Crabtree con l’allegorico e citazionista Body of Water, o gli iraniani Maryam Samadi e Sasan Salour con – rispettivamente – The Summer of the Swans e Alcohol Free(che di riflesso porta avanti un’interessante, seppur non certo inedita, riflessione sull’importanza dell’aspetto fisico nella società moderna). unosguardorarosala
O, ancora, c'è chi ha deciso di mettersi in mostra in prima persona. Come Nick Gandolgo-Lucia in Scenes From a Lifetime of Sick Days: resoconto autobiografico, raccontato sotto forma di video diario, con richiami politico-sociali e riferimenti alla situazione sanitaria statunitense. O Kemal Comert in “Pensavo di essere diverso”: lavoro spiccatamente personale con il quale il film maker di origini turche riflette sul concetto di diversità, cercando un punto di contatto tra il proprio passato travagliato e la difficile condizione di Alex, bambino affetto da XLDPR (unico caso in Italia). Diversità che, come ci dice il regista, va accettata poiché sinonimo di unicità: «la perfezione non esiste, esistiamo noi con la nostra diversità».
Simone di Santi, invece, ne “Il delicato mondo di Cloe” preferisce concentrarsi sulla quotidianità della propria protagonista. Il documentario è una compilation che cattura, in maniera spontanea e autentica, episodi della vita della solare bambina, mostrandoci il suo mondo, i suoi sogni, le sue interazioni. Nel farlo coglie l’opportunità per parlare della rara malattia genetica che la accompagna. Differentemente, il docu-film Cor de pele (Livia Perini) e i corti Carlotta’s Face (Valentin Riedl/Frédéric Schuld) e Birthday (Dimitris Katsimiris), più che concentrarsi sugli aspetti delle malattie affrontate, decidono di soffermarsi sull’ignoranza, il pregiudizio e la crudeltà che spesso la società mostra nei confronti di chi soffre di tali patologie.
A conclusione del concorso arriva, diretto come un pugno allo stomaco, il documentario Into the Dawn (Josè Antonio Jiménez Esquiel): toccante racconto di un’infermiera messicana che si prende cura di pazienti terminali in stato di abbandono. Immagini brutali e musiche d’impatto per un lavoro che si sofferma sulla forte vocazione di una donna, sullo spettro dell’emarginazione sociale e sull’importanza di non morire in solitudine.

Diversi gli approcci stilistici, diversi i messaggi comunicati, un unico obiettivo sullo sfondo: dar voce e visibilità a una comunità che merita di essere riconosciuta e considerata, accettata e tutelata. È questo ciò che “Uno sguardo raro” propone di fare, affidandosi alla prorompente forza comunicativa del cinema. Perché, per condividere le parole di Ingmar Bergman: «non c’è nessuna forma d’arte come il cinema per colpire la coscienza, scuotere le emozioni e raggiungere le stanza segrete dell’anima».

Di seguito, in ordine di proiezione, la lista completa delle 21 opere finaliste del Festival:

1. SALIMA (Marie Cecile Lucas/FRA)
2. DEBONED (Elise Eetesonne/BEL)
3. PENSAVO DI ESSERE DIVERSO (Kemal Comert/ITA)
4. THE SUMMER OF SWANS (Marayam Samadi/IRN)
5. NEL DELICATO MONDO DI CLOE (Simone Di Santi/ITA)
6. PERFEZIONE (Riccardo Di Gerlando/ITA)
7. BODY OF WATER (Annie Crabtree/UK)
8. SENZA…PECCATO (Marco Toscani/ITA)
9. CARLOTTA’S FACE (Valentin Riedl, Frédéric Schuld/GER)
10. SCENES FROMA A LIFETIME OF SICK DAYS (Nick Gandolfo-Lucia/USA)
11. LE ANOMALIE VASCOLARI (Cosmoferruccio De Stefano/ITA)
12. COR DE PELE (Livia Perini/BRA)
13. LAS DEL DIENTE (Ana Perez Lopez/ESP,USA)
14. BIRTHDAY (Dimitris Katsimiris/GRE)
15. DA UNO A DIECI (Paula Boschi/ITA)
16. ALCOHOL FREE (Sasan Salour/IRN)
17. FIGARO (Dimitris Andjus/GRE)
18. RARO UNO SGUARDO RARO 2019 (Edoardo De Luca/ITA)
19. LA LINGUA DEGLI ALIENI (Pamela Pompei/ITA)
20. IPF (Davide Gentile/ITA)
21. INTO THE DAWN (José Antonio Jiménez Esquivel/MEX)

Francesco Carrieri, 3/02/19