Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 655

“The Greatest Showman”: il film musicale ispirato alla vita del circense Phineas Taylor Barnum

“The Greatest Showman”, nelle nostre sale dal 25 dicembre, ha già ricevuto tre nomination ai Golden Globe 2018: miglior commedia o film musicale, miglior attore in una commedia o film musicale e miglior canzone originale per “This is me”.
Le vicende narrate prendono ispirazione dalla vita del circense Phineas Taylor Barnum. Siamo a Bethel, nel Connecticut, ad inizi Ottocento. Barnum perde entrambi i genitori quando è ancora un bambino, è costretto così ad affrontare, in tenera età, il dolore e le difficoltà della vita. P.T. dal primo sguardo si lega a Charity, figlia di nobili. I genitori di lei fanno di tutto per ostacolare il loro amore, senza risultati. I due infatti si sposano e costruiscono una loro famiglia, lontana dai privilegi dell’élite. La sensazione di non essere abbastanza per Charity e le sue due bimbe spinge Barnum a realizzare qualcosa di innovativo. La forte ambizione lo porta ad aprire dapprima l’American Museum e successivamente a creare l’enorme circo denominato The Greatest Show On Earth, in cui raccoglie artisti di strada e persone emarginate dalla società a causa di peculiari caratteristiche fisiche. Lo spettacolo lo renderà un uomo molto discusso, ma di grande successo. thegreatestshowman02
Ad una prima visione si rimane affascinati dalla patinata fotografia di Seamus McGarvey, dalle coreografie colme di grinta ed energia e dalle doti recitative e canore di gran parte degli interpreti (Keala Settle, la donna barbuta, è sorprendente). Hugh Jackman è la star indiscussa del film, d’altronde l’attore ha già dimostrato di avere grandi capacità nei musical, basti pensare al suo memorabile Valjean in “Les Miserables”.Nel complesso però, la regia non convince. Il lungometraggio infatti manca di una firma autoriale riconoscibile. Michael Gracey dirige con prevedibilità, si serve di effetti speciali per impressionare lo spettatore, emula la dolcezza tipica del genere musicale, ma non riesce a raggiungere il cuore del pubblico. Un vero peccato dal momento che la storia aveva tutte le carte in regola per emozionare. Si parla infatti di divario sociale, accettazione, determinazione, relazioni interpersonali complicate, ma si ha sempre la sensazione che tutto ciò faccia da cornice ai numeri corali, che pur essendo costruiti bene, si limitano ad essere pura forma. Anche la sceneggiatura di Jenny Bicks e Bill Condon è superficiale, il protagonista non è il controverso uomo d’ispirazione, ma una sua versione edulcorata che non cede quasi mai al tormento interiore. Le canzoni composte da Justin Paul e Benj Pasek godono di esecuzioni impeccabili e sono pensate per diventare delle hit pop, ma non scuotono l’anima.
“The Greatest Showman”, considerati gli sforzi produttivi, il cast e il team tecnico, è un'occasione non sfruttata appieno e non regge il confronto con i classici del musical cinematografico, né tantomeno con le produzioni più recenti, come il già citato “Les Miserables” di Tom Hooper e “La La Land” di Damien Chazelle.

Sara Risini 25/12/17

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM