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Primo film italiano originalmente distribuito da Netflix, "Rimetti a noi i nostri debiti" segna sicuramente un passaggio importante per la produzione cinematografica del Belpaese, non solo orientandola verso un nuovo tipo di fruizione on-demand.

Disponibile dal 4 maggio 2018 sulla piattaforma, il film di Antonio Morabito non fa sconti di forma o contenuto. Appare infatti come un prodotto ben confezionato e strutturato, sia per fotografia, sia per sceneggiatura, sia per cast.rimetti a noi i nostri debiti 3

Per un tema come quello del recupero crediti, dello stritolamento bestiale che agenzie di credito, banche e istituzioni la povera gente descritta da Morabito risulta vera e mai eccessivamente caricaturata. I 'poveracci' dipinti nel film fanno parte omnicomprensivamente -come si dirà in una delle ultime scene al cimitero- di tutti gli italiani, invischiati nel tenere in piedi a tutti costi la propria azienda, nelle rate della macchina, nel mutuo per la casa, nelle ristrutturazioni degli immobili, nelle cure mediche e in tutti i vezzi, oltre che necessità, che una cultura come quella italiana obbliga l'esistenza dei suoi abitanti. Già morti. Tutti. Non perché schiavi della naturale conseguenza biologica ma per l'inesorabile morsa dell'indebitamento.

Santamaria e Giallini si fanno da contrappunto: uno, ex ingeniere informativo e poi magazziniere, ancora puro, tutto sommato, e l'altro spietato e risoluto. Così all'apparenza, ma la sceneggiatura di Morabito e Pagani (anche coproduttore) tinge i personaggi di ulteriori sfaccettature che li rendono del tutto umani. Guido (Santamaria) deve fare i conti con la spietatezza di un mondo che inevitabilmente plasma le proprie azioni e modifica inesorabilmenteil proprio essere e Franco (Giallini), capace di ingoiare il male, riconoscendolo, e in grado di pentirsi per quello che è diventato. Monatti, come vengono definiti, entrambi. Non solo per l'abito scuro e per i campanelli ma per l'avido recupero degli averi rimasti dei già-morti.

I personaggi che contornano l'opera sono però altrettanto importanti ai fini del messaggio generale. Flonja Kodheli interpreta sobriamente Rina, che prende il posto al bar di Victor, riuscendo a rappresentare -seppur per attimo- una speranza di redenzione e di bellezza umana incontaminata per Guido. Interessante -proprio per il suo esser goffo tentativo- l'invito a cena che le viene proposto, con un protagonista improvvisantesi diverso dalla figura di fallito che, però, invece sembrava intrigare maggiormente la cameriera.rimetti a noi i nostri debiti 2

La critica al sistema non si ferma all'Italia ma di sponda e carambola si innesta nella metafora del biliardo del professore (un ottimo Jerzy Sthur), in cui è lo stesso mondo ad essere vittima dell'indebitamento calcolato, programmatico e inarrestabile dei molti nei confronti dei pochi, arroccati in sistemi deresponsabilizzati che usano vittime come carne da macello per recuperare quelle falle di creditori perse in giro. Alcuni per furbizia, altri per rassegnazione, tutti sottomessi al richiamo inesorabile e continuo del credito.

La riflessione sulla responsabilità individuale però gioca nell'umanità alternata dei due protagonisti le sue carte vincenti e permette una riflessione oculata e critica nei confronti del tema del film. La grossa produzione e distribuzione -e non la marginalità- di Rimetti a noi i nostri debiti è un segnale forte e inequivocabile: c'è bisogno di riflettere in questo modo e con costanza su temi importanti, prendendo posizione nel raccontare il Paese e non forse solo schierandosi dalla parte del "così è, che ci vuoi fare?".

Morabito riesce a raccontare un tema importante sotto le spoglie di un bel film, ben ideato e ben interpretato. Senza strabiliare eccessivamente, ma facendo risuonare le corde di un'attenzione necessaria ed importante nel cinema italiano, senza lustri e illuminati criminali, gangster, politici e ciarlatani dei massimi sistemi di cui è -purtroppo- ricco questo panorama.

Davide Romagnoli 29/05/2018

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