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Marion fa l’illustratrice e abita con due amici in una casa un po’ bohémien chic. Ben è un rappresentante farmaceutico e vive con la mamma di fronte all’appartamento del fratello. Si conoscono su Tinder, s’incontrano, trascorrono una simpatica serata e finiscono subito a letto – anzi, sul pianerottolo di lei – insieme. Travolti da un insolito destino, decidono di passare le vacanze insieme: “strano modo di cominciare una storia”, sentenzia la coinquilina di Marion, mettendola in guardia sui rischi dell’impresa. E così, senza pensarci più di tanto, si ritrovano nella meta che si trova esattamente a metà tra Beirut e Biarritz, cioè quelle che avrebbero dovuto raggiungere lei e lui. E si ritrovano nell’aspra ed economica Bulgaria che si è appena aperta al turismo di massa, prima in una scomoda casa prenotata su AirBnB, poi in un ostello hippy tra le montagne e infine in un hotel a cinque stelle.

una scena del film

Opera prima del grafico greco-libanese Patrick Cassir, “La prima vacanza non si scorda mai” (al cinema dal 20 giugno con I Wonder) è un allegro racconto on the road sulla costruzione di un amore o, per meglio dire, sul “tirocinio coniugale” di una potenziale coppia. Se è vero che la vacanza può essere considerato il banco di prova di una relazione, è altrettanto condivisibile pensare che proprio per i tempi e gli spazi che comporta risulta un’esperienza molto interessante per capire la tenuta del rapporto. Cassir – che ha scritto la sceneggiatura con la protagonista nonché sua compagna Camille Chamoux – riesce a trasmettere una buona dose di autenticità nel mettere in scena un ménage fatto di quelle piccole cose che costituiscono la vita intima di una coppia, dalla visione della vacanza stessa (avventurosa per lei, comoda per lui) all’ossessione dell’igiene fino all’imbarazzo della urgenze intestinali.

Come rivelato dagli stessi Cassir e Chamoux, il disegno dei personaggi deve molto non solo al loro privato ma anche ad un’adesione non banale al racconto della modernità: da una parte, Ben ha sincronizzato la sua vita ai dispositivi elettronici e controlla le recensioni dei locali su TripAdvisor; dall’altra, Marion rappresenta quell’avventuroso ritorno alla natura tipico di certi bo-bo (borghesi bohémien) francesi, a costo di barattare la lontananza dai comfort con la permanenza in luoghi ostili. La commedia – in questo caso per di più romantica – si conforma il luogo migliore per misurare i contrasti e le differenze della coppia, acuendo il senso di disagio che i protagonisti cercano di esorcizzare attraverso la scelta di un registro buffo-comico e al contempo non sanno addomesticare quando si trovano a contatto con gli altri (la famiglia francese incontrata in albergo, l’esilarante numero delle sdraio occupate).

Si cita non a caso, seppure con un approccio fin troppo didascalico, “Il sorpasso” di Dino Risi, con il personaggio di Ben (interpretato da Jonathan Cohen) che si riconosce nel ruolo di Jean-Louis Trintignant, il giovane studente trascinato dal feroce e pericoloso vitalismo di Vittorio Gassman, che in questo caso sarebbe alluso dal travolgente entusiasmo di Marion. Tuttavia, nonostante una deviazione nei pressi del finale verso la malinconia, Cassir reindirizza infine la storia nei binari delle aspettative del pubblico, consapevole delle regole non scritte di questo genere popolare ed evergreen che ha il dover di accogliere gli spettatori a bordo di una barchetta che si muove sull’acqua al tramonto.

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