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Quest’anno Ingmar Bergman, regista, sceneggiatore, drammaturgo e scrittore svedese, avrebbe compiuto 100 anni: oltre 60 i lungometraggi realizzati, più di 170 le pièce teatrali, tre i Premi Oscar e centinaia i libri e gli articoli scritti nella sua carriera. Nonostante per lui il vero ‘matrimonio’ artistico fosse quello col teatro e considerasse il cinema una ‘amante’, Bergman è ricordato, più che per le regie teatrali, soprattutto per capolavori come “Il Settimo Sigillo”, “Il posto delle fragole”, “Persona”, “Come in uno specchio”. Sin da giovanissimo ha messo in scena testi importanti, da Shakespeare a Ibsen a Strindberg, lavori che - a suo stesso dire inspiegabilmente - non hanno mai eguagliato la fama internazionale raggiunta con TV e cinema. 

Nel segno di questa figura di spicco della settima arte (e non solo) si è aperto il “Nordic Film Fest”, che fino al 6 maggio porterà alla Casa del Cinema di Roma opere appartenenti alla cinematografia dei Paesi Nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia, Islanda e Norvegia). Verranno proiettati sia film in anteprima che inediti in Italia, sottotitolati e in lingua originale.

L’inaugurazione della rassegna è stata affidata proprio a “Bergman Island”, il documentario (mai mostrato integralmente prima, in Italia) in cui il regista si racconta e descrive la sua vita sulla desolataBergman Island ma poetica isola di Fårö (isola svedese del Mar Baltico dove è sepolto). Lì si era ritirato in solitudine, in seguito alla morte dell'amata moglie Ingrid. A raccogliere le sue confidenze, i suoi ricordi, le sue riflessioni è la giornalista Marie Nyreröd: quello che viene fuori è una sorta di intervista-testamento, lunga ed articolata, in cui si toccano temi legati all'arte in tutte le sue forme, ai rapporti con le tante donne della sua vita (cinque mogli e nove figli), con la morte, con la famiglia.

Bergman racconta anche della precoce passione per il cinema, già forte quando aveva otto anni. A quegli anni è legato il ricordo di un Natale, in cui la zia regalò a suo fratello un piccolo cinematografo. Pianse tutta la notte, umiliato dall’aver ricevuto un orsacchiotto al posto di quel magnifico oggetto, finito nelle mani di un ragazzino a cui nulla importava dei film. Pur di averlo, lo barattò con 150 soldatini.

Emerge il ritratto di un uomo lucido nonostante i suoi ottant’anni e più, schivo, pieno di paure e demoni, ironico, disorganizzato ma abitudinario: ogni mattina dopo colazione una passeggiata e ogni giorno uno spazio dedicato alla scrittura. Bergman si presenta molto legato ai suoi momenti (anche prolungati) di solitudine e silenzio: «C’è qualcosa di piacevole nel non parlare», dice. Sull’isola di Fårö dichiara di essersi sentito fin da subito a casa, sin dai tempi dei cinque film girati su quelle spiagge sassose, molto tempo prima di maturare la decisione di ritirarsi lì, lontano da tutto e tutti. Verso gli abitanti del posto dice di provare grande gratitudine. Gli isolani, infatti, lo protessero molto durante il suo lungo soggiorno, evitando che curiosi e giornalisti lo importunassero: la posizione esatta della sua abitazione non fu mai rivelata, ma fu anzi ben custodita da tutti come un segreto.

Bergman aveva l'abitudine di girare dei brevi filmini sul set dei suoi film, una sorta di 'dietro le quinte': alcuni vengono mostrati alla giornalista e commentati con lei nel documentario. Tutto questo materiale fa oggi parte dello sterminato archivio della Fondazione che porta il nome del regista. La grande ossessione da lui maturata negli ultimi anni riguardava ciò che avrebbe lasciato dopo la sua morte. Per questo fu sua premura raccogliere il suo patrimonio artistico - 60 anni di carriera sotto forma di pellicole, lettere, foto, materiale inedito - e dargli una collocazione unitaria. Nel 2002 è nata la Ingmar Bergman Foundation, con sede a Stoccolma, la cui sterminata collezione è stata inserita nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO. Molti di quel filmini sono stati girati proprio sull'isola di Fårö, a dimostrazione dell'importanza che quel luogo ha avuto per il Bergman regista, ma ancor di più per Bergman uomo.

Quell'isola è stata prima fonte di felice ispirazione artistica, poi silenziosa e serena casa dove riposare. Oggi è diventata una sorta di luogo mitico e di culto per i cineasti di tutto il mondo. 

Giuseppina Dente  03/05/2018

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