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“(…) chaotic, funny, mad, horrible, brilliant and dark. It’s obviously not all true, but it’s the truth”.
Così scrive sir Elton John in un articolo scritto da lui stesso e pubblicato dal The Guardian domenica scorsa, commentando e descrivendo la genesi del film a lui dedicato, Rocketman, da mercoledì 29 maggio nelle sale italiane.
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes (che fu location del video della canzone I’m still standing), dove l’artista inglese e tutto il cast hanno omaggiato la Croisette, il film diretto da Dexter Fletcher e di cui lo stesso Elton John è produttore esecutivo, prende il titolo da una delle sue canzoni più note ed amate: ma forse non poteva esserci un titolo diverso per una vita e una carriera che, all’inizio, hanno faticato a decollare, ma che poi, improvvisamente, sono partite proprio come un razzo.rocketman 2
Il film prende avvio dal momento in cui il cantante inglese si trova in un rehab per curarsi da quelli che a tutti potrebbero sembrare i vizi del successo, alcol e droga, ma che nel caso di Elton John nascono da un profondo vuoto esistenziale, presente sin dall’infanzia.
Così, inizia a raccontarsi e questo particolare momento di fragilità e riflessione personale sembra dare avvio a quei tradizionali documentari biografici su vita, morte e miracoli dell’artista di turno, ma Elton John non è e non è stato ordinario. Può esserlo un uomo in costume da diavolo rosso/arancio tutto piume e lustrini?
Nient’altro che se stesso. La sceneggiatura di Lee Hall, drammaturgo e sceneggiatore inglese (con cui Elton John ha lavorato per la versione musical di Billie Elliott) segue la vita dell’artista dalla tenera età: l’indifferenza di un padre non capace di dare amore, una madre (Bryce-Dallas Howard) sciatta e disinteressata, i primi timidi e sorprendenti passi nella musica, sono ancora gli anni di Reginald Dwight (vero nome del cantante), e poi il sogno, l’esaltazione degli anni del successo, ma anche le delusioni, gli eccessi, le paure, quando ormai si parlava già di Elton John.
Fletcher, habitué del mondo musicale, dopo il successo di Bohemian Rapsody, sa bene come giocare con i suoni: le parole di Lee Hall si uniscono alle note dei più grandi successi di Elton John in un caleidoscopio di interpretazione, canti e balli, il tutto con la ricchezza dei costumi di Julian Day, così finemente lavorati (incredibile il confronto con gli originali nei titoli di coda).
Questo intreccio effervescente colpisce lo spettatore più di quanto non abbiano già fatto quelle hit nel tempo, diventando così la vera colonna sonora della vita dell’artista, in un musical che appassiona tra l’inedita, sofferta vita privata e il carisma istrionico che tutti conoscono.
Aspetti che l’interprete di Elton John, Taron Egerton, assume su di sé in modo brillante, completamente a suo agio negli estrosi e vistosi (letteralmente) panni del cantante.
A colpire, in particolare, è l’ottima prestazione canora dell’attore, scelto personalmente da Elton John quando l’ha sentito cantare senza errore Don’t let the sun go down on me, che rappresentò un problema per lo stesso cantante in sala di registrazione. Ne è nato un solido legame: Elton John gli ha affidato i suoi diari personali per entrare nel vivo dell’immedesimazione.
Del resto, l’artista inglese è stato nel destino di Egerton diverse volte: nel film d’animazione Sing, l’attore ha prestato voce al gorilla Johnny cantando I’m still standing e, inoltre, i due si erano già incontrati sul set di Kingsman, dove Elton John si è prestato per un cameo.
E chissà che questo ruolo non continui a portare fortuna al giovane attore inglese.
jamie bellA colpire è anche Jamie Bell alias Bernie Taupin, “il fratello mai avuto” di Elton, l’autore dei testi più belli delle sue canzoni (Your song, Rocketman, Tiny dancer, Sorry seems to be the hardest word…).
La sua interpretazione è tutta negli sguardi intensi, nei sorrisi ricchi di affetto, vera gioia e condivisione, tutto quello di cui Elton ha avuto sempre bisogno. L’amico paziente e, quando serve, duro e diretto, con cui il cantante non ha mai litigato e con il quale costituisce un sodalizio vincente da anni.
Se Taupin è stato una costante, John Reid, primo manager musicale e primo vero amante di Elton John, ha rappresentato una vera e propria altalena di emozioni nella vita dell’artista.
Richard Madden interpreta un Reid cinico e calcolatore, l’uomo d’affari che non ha mai realmente compreso e amato la vera anima di un uomo così sensibile come John, contribuendo alla sua parziale autodistruzione.richard madden
Tuttavia, Elton John resiste e rimane in piedi: dopo ogni tipo di eccesso, nel vano tentativo di sfuggire alla sofferenza e al dolore repressi, il cantante decide di ritornare a se stesso e di fare pace con quel bambino timido, solo, alla ricerca di amore, Reginald, il sé che voleva dimenticare: l’affettuoso abbraccio che, alla fine, l’Elton adulto, ormai redento, e Reginald bambino si scambiano è il suggello con il passato, la comprensione di ciò che in fondo l’ha reso com’è.
Elton John, che sa stupire, commuovere, divertire, emozionare.

Noemi Riccitelli 29/05/2019

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