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Peterloo testimone dei tempi: alla Casa del Cinema Mike Leigh presenta il suo film storico nell'era dei populismi e delle crisi democratiche

Academy Two

ROMA - “Mi auguro che questo film desti delle preoccupazioni per la democrazia, ma non metta in discussione i suoi capisaldi”. Con quest’auspicio il regista inglese Mike Leigh presenta la sua ultima opera, Peterloo, alla stampa italiana durante la conferenza tenutasi lunedì 18 marzo presso la Casa del Cinema di Roma. Una dichiarazione di speranza, ma anche di legittimo timore da chi ha riversato dispendiose energie fisiche, artistiche e intellettuali per un affresco storico-epico riguardante il sanguinoso episodio di St. Peters’s Fields, avvenuto a Manchester nell’agosto del 1819, tra i più cruenti e tristemente noti della storia britannica: un vilipendio all’autentica libertà democratica ancor così scottante da considerare complesse le conseguenti riflessioni. Una matassa che il regista cerca di dipanare con un’attenta e meticolosa indagine storiografica, con una chirurgica sceneggiatura e con una potente ed evocativa drammaticità. Nella ricostruzione della violenta repressione del governo inglese durante una manifestazione pacifica del popolo per i diritti inalienabili, Peterloo esprime la vivezza e l’importanza della storia attraverso la coralità, composta da una opulenta aristocrazia e da una misera plebe, la cui cornice è la gravità tragica, l’ineludibile male della storia. “Se avessi narrato semplicemente il singolo fatto sanguinolento del 1819 senza le cause, senza i suoi effetti, senza le sue passioni, insomma senza l’intero quadro storico, non avrei potuto trasmettere un messaggio efficace” – ha affermato il regista britannico – manifestando la valenza di un film di impegno civile con una narrazione esaustiva, ma con una sintesi finale che non esaurisce le discussioni. È un’affermazione cruciale che ci permette di analizzare l’intento civile, morale, estetico e politico del cineasta inglese. In Peterloo la pedagogia e la ciclicità della storia non sono cristallizzate secondo movimenti di accumulazione statistiche e di saturazione sociologiche – quelli che Michel Foucault descrive come “i grandi zoccoli immobili e muti” – ma, attraverso una precisa caratterizzazione di eventi e personaggi, si rivelano un continuum tangibile: nel mare magnum della storia il 1819 è solo un’alta e vicina onda. La prossimità con il passato è palpabile.

PETERLOO 8

L’era moderna, impaurita dalla Rivoluzione francese ed entusiasta per quella industriale, è tanto vicina alla nostra contemporaneità. La narrazione scenica risulta, dunque, coerente in quanto attendibile e potentemente evocativa: il trombettiere Joseph in mezzo all’aridità e alla devastazione bellica di Waterloo, contrapposto ai fasti celebrativi per il Duca di Wellington, apre un ciclo che si chiude con la solenne espressività del massacro di Manchester. All’interno di questo cerchio si diramano i fili della povertà degli operai tessili, della rabbia insurrezionale dei braccianti, della miseria e della tenacia delle proletarie, del cinismo della macchina giudiziaria, della spietatezza protocapitalista, della subdola Ragion di Stato: un completo e complesso ritratto sociale d’epoca in ottica marxista con lo sguardo sempre teso verso il nostro presente. In questa coralità, tra paure e tensioni, la preziosità e la necessità della democrazia è ricordata dalla malinconia struggente della famiglia di Joseph e dal reazionarismo del ventre forte del potere assoluto (i giudici, i militari, le spie), mentre l’adulazione e l’egocentrismo di Harry Hunt – il totem del radicalismo inglese - rievocano le velleità populiste. Tuttavia, i rigorosi fini storici per buona parte del film non lasciano adito a una contemplazione estetica e visiva favorendo un’esigente – e forse esagerata - attenzione uditiva e intellettiva, con l’alto rischio di rasentare la noia. Fortunatamente il dettagliato lavoro d’inchiesta di Leigh non è reso vano grazie al vigore espressivo – rimembranze dello stile impressionista nel suo Turner - recuperato in un finale referenziale e maestoso. Un’opera impreziosita dalla lucidità narrativa del cineasta nell’individuare il trait d’union tra le tensioni all’alba dell’Occidente protonazionalista e quelle nel corso del suo attuale tramonto, alla luce delle recenti derive oclocratiche o neoliberiste.

Piero Baiamonte 19/03/2019