Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione e rispetta la tua privacy in ottemperanza al Regolamento UE 2016/679 (GDPR)

                                                                                                             

×

Attenzione

JUser: :_load: non è stato possibile caricare l'utente con ID: 673

"Mektoub, My Love: Canto Uno": tempo e sguardo nel cinema di Abdellatif Kechiche

Il cinema è una questione di tempo e di sguardo. Lo sa bene il regista Abdellatif Kechiche che intorno a questi due assi ha costruito le fondamenta dei suoi film. Come per La vita di Adele (2013), lo sguardo è soprattutto quello del desiderio che si tramuta in visione, accarezzando quei corpi (femminili) che la bramosia dell’occhio rende reali. Il tempo è invece esplorato cercando la coincidenza tra tempo filmico e tempo reale, attraverso lunghe sequenze in cui la vita semplicemente scorre, salvo poi ricorrere a forti ellissi tra una scena e l’altra. Così avviene anche in Mektoub, My Love: Canto Uno (2017), - in sala dal 24 maggio -, l’ultimo ambizioso progetto di tre ore del cineasta franco-tunisino, ancora una volta deciso a eliminare i confini tra cinema e vita.
In Mektoub, My Love, tratto dal romanzo La ferita, quella vera di François Bégaudeau, la calda estate del protagonista Amin (Shaïn Boumedine) scorre come scorrono le estati di molti giovani belli e spensierati come lui, tra amori fugaci e giochi in riva al mare, chiacchiere sotto il sole e balli in discoteca ripresi con l’avidità di un occhio famelico, incollato alle carni palpitanti in piani strettissimi. Amin osserva ciò che accade intorno e dentro di lui, i corteggiamenti, le speranze frustrate, le illusioni di baci concessi con la spensieratezza della gioventù, e la passione che dà vita alla materia riempie ogni cosa. In questo quadro paradisiaco, dove il più grande dei drammi sarà al massimo una mancata corrispondenza amorosa, Amin resta sullo sfondo eppure così dentro agli eventi, osserva senza agire e con il proprio sguardo diventa parte di ciò che lo lega in una rete di pulsioni carnali, salvo risvegliarsi nel finale con un gesto che preannuncia il cambiamento. Mektoub 3
A Kechiche non interessano i contrasti facili e funzionali a una costruzione narrativa collaudata, né tantomeno interessa rappresentare la vita, quanto piuttosto mostrarla nella sua libertà, anche a costo di far dire a qualcuno che “in questo film non succede niente”. Ecco allora che tempo e sguardo - e non a caso Amin ha la passione della fotografia - diventano gli elementi principali con cui raggiungere l’impresa, riscoprendo (o quasi) la spensieratezza del filmare. Non importa quanto banali siano gli eventi mostrati, perché tutto in Mektoub diventa un inno alla vita, celebrata attraverso il parto di un capretto in una lunga e bella sequenza.
Ma l’erotismo della macchina da presa di Kechiche questa volta risulta meno efficace e raffinato rispetto al precedente La vita di Adele, dove la sola inquadratura del volto di una dormiente Adèle Exarchopoulos poteva bastare per concretizzare, con quella bocca aperta e adagiata sul cuscino, la potenza di una passione dolce e materica al tempo stesso. L’ossessione edonistica per il corpo e per le forme piene non cattura con la stessa intensità dimostrata in precedenza e si stempera in un progetto più interessante nelle premesse che negli esiti. La scelta stessa di un corpo bello e pressoché perfetto come quello di Shaïn Boumedine, circondato da una pletora di ragazze meravigliose, è sì funzionale alla costruzione di un Eden perduto, l’immagine di una giovinezza e di un tempo (gli anni ’90) filtrati attraverso gli occhi della nostalgia per ciò che nel ricordo sembra immacolato, ma rischia al tempo stesso di appiattire il tutto. Certo è che per avere un giudizio più completo e ponderato dobbiamo attendere il proseguimento della saga, cercando di capire come si inserisce questo Canto Uno all’interno di un progetto di cui è già stato girato - parole del regista - il secondo capitolo.

Riccardo Bellini 07/06/2018

Libro della settimana

Facebook

Formazione

Sentieri dell'arte

Digital COM