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“La quinta onda”: cinema o episodio pilota?

L'adolescente Cassie Sullivan (Chloë Grace Moretz) si lancia alla disperata ricerca del fratellino Sammy in seguito a quattro devastanti invasioni extraterrestri che hanno decimato la popolazione terrestre, in attesa dell'inesorabile e ancor più distruttiva quinta ondata. Questa la sinossi, o meglio, l'ipotetica logline di una storia da proporre sul tavolo di uno showrunner visionario. “La quinta onda”, primo adattamento cinematografico dell'omonima trilogia di romanzi scritti da Rick Yancey, sembra avere come unico scopo quello di uniformarsi a un format ormai più che consolidato negli ultimi anni. L'operazione compiuta da J Blakeson e il suo team di sceneggiatori riesce invano a camuffare l'evidente saccheggio nel panorama dei serial americani: da “The Walking Dead” e l'annesso prequel “Fear The Walking Dead” fino al puro sci-fi di “Falling Skies”.
Sulla carta un classico disaster movie, di fatto un'opera priva d'identità che punta tutto sulla rievocazione dei suddetti scenari. Autostrade ricolme di veicoli abbandonati e inquadrate con lunghe panoramiche, binari che tagliano le foreste circostanti, in cui si svolge gran parte del racconto, ripresi frontalmente e in profondità, lungo i quali Cassie e il misterioso Evan (Alex Roe) avanzano verso il punto di raduno dei sopravvissuti. Quello del regista, piuttosto, è l'archivio televisivo da cui estrapola un campionario di riferimenti schierati in fila nel tentativo di rielaborare l'immaginario comune. Un ricalco oltremisura esplicito, dettato da un impulso che svela invece un citazionismo consapevole.
L'esercito, da parte sua, ha iniziato ad addestrare giovani e giovanissimi tuttavia impreparati ad affrontare la minaccia, terrorizzati dai fucili nemici e paradossalmente alla guida dell'ultimo baluardo contro gli invasori. In un mondo carente di acqua e cibo, messo fuori uso da bombe elettromagnetiche, afflitto da terremoti, tsunami ed epidemie, agiscono personaggi avulsi dal contesto in cui sono inseriti. Eroi fin troppo puliti, illuminati da una fotografia irreale che enfatizza i volti dei due protagonisti legati da un amore improbabile, audaci e risoluti ma pur sempre ragazzi, attratti più da se stessi che dal destino di un pianeta in rovina.
“La quinta onda” descrive infatti due missioni in parallelo, due grossi blocchi narrativi disgiunti che arrivano a toccarsi soltanto nella parte conclusiva della pellicola, complice un intreccio che dispiega un susseguirsi di avvenimenti illogici con il voluto intento di ammiccare a un pubblico young adult.
Il risultato finale è un tedioso guazzabuglio fuori tempo massimo, dal tono monocorde e senza particolari ambizioni. Eccetto nel finale, quando insieme all'ultima e prevedibile onda sopraggiunge un ritmo concitato che risolve in fretta il conflitto tra le due forze, a ricordarci che è la speranza a tenerci in vita e a renderci umani. Una morale che a fatica resta impressa nella memoria, a differenza di Ben Parish (Nick Robinson), capo squadra dei cadetti che, ironia della sorte, viene soprannominato dai compagni Zombie.

“La quinta onda”, di J Blakeson
con Chloë Grace Moretz, Alex Roe, Nick Robinson, Liev Schreiber
dal 4 febbraio al cinema

Vincenzo Verderame 31/01/2016

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