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Tutta colpa di un cane (anzi due): John Wick Parabellum dal 16 maggio al cinema

Siamo al terzo capitolo della saga di John Wick, come sempre diretta da Chad Stahelski: la taglia sulla testa dell’uomo più ricercato d’America non fa che aumentare con la progressione della storia, prima due milioni, poi sette, ora quattordici. Ma i nemici che John Wick (Keanu Reeves) affronta sono sempre gli stessi, sicari assoldati dalla Gran Tavola delle mafie mondiali. Orientali, italiani, russi, poco conta, tutti vogliono la sua morte e a New York, sotto la pioggia battente, e sembra che tutti parlino una nuova lingua, usino i simboli di una nuova cultura, fatta di pegni, monete d’oro, lasciapassare crociati. Tutto per una cane, ed una Mustang. Nel corso dei tre episodi non c’è nessuna reale evoluzione, John Wick uccide e scappa da tutti nello stesso modo, con Helen stella fissa delle sue scelte, sia quando cerca lo scontro, sia quando cerca di tirarsi fuori dal “servizio”, a cui è costretto dai membri della Gran Tavola. L’uomo che uccise tre uomini con una sola matita, questa volta, però, è davvero disperato: non gli basta combattere, bisogna avere i contatti giusti, persone pronte a garantire per lui o che nei suoi confronti siano debitrici ed insieme evitare quelle sbagliate: la giudicatrice e i pascià mediorientali. Il boss questa volta non è uno, e non tutto è come sembra. Due le figure femminili: la prima è la direttrice bielorussa (Anjelica Houston), algida, potente, madre di tutti quei ragazzi venuti dall’Est, e madre simbolica anche di John. L’altra donna, Sofia, è la regina di Casablanca, interpretata da Halle Berry, sensuale, ma non per John, non con John. Ha una storia dolorosa e oscura, una figlia che non vede e che protegge, ma le vere dinamiche sono a noi nascoste (che sia un espediente per prepararci al quarto capitolo?).

Nemmeno Halle Berry, regina del deserto, difesa da due cani aggressivi quanto fedeli, nei suoi neri e lunghi pantaloni in pelle riesce a trasformare John Wick in un dongiovanni, un ammaliatore, un seduttore. Eppure lungi dall’essere drammatico, questo terzo episodio è più divertente e più violento (oltre che più lungo) dei precedenti due. Combattimenti si succedono senza sosta, senza alcun timore di ostentare un’eccessiva violenza: nessun mezzo è escluso per combattere e per sopravvivere. Sono validi proiettili perforanti e sono necessari dita mozzate e automutilazioni: tutto è lecito, John Wick viene investito più volte (anche se ai combattimenti in macchina ci aveva già abituati nel secondo episodio), sale a bordo di moto, di cavalli, si rifugia in una stalla a New York (una delle tante stalle della Grande Mela?) e combatte disarmato, con i coltelli, con pistole costruite con le sue mani (e non è un’iperbole). Fin dai primi due capitoli John Wick non è un eroe americano, e non vuole esserlo (di certo non ricorda Channing Tatum in White House Down): non è l’ex marine o l’agente dei servizi segreti che salva la nazione, combatte per ideali patriottici, mettendo la salvezza degli Stati Uniti davanti alla sua. Non ci sono magliette strappate, sudore, pettorali in mostra. Il suo completo nero, fatto su misura da mani di sarti italiani, non ha niente di James Bond (meno patriottico, ma pur sempre agente con licenza di uccidere). John Wick combatte solo per se stesso, i propri motivi e i propri fini. Eppure è facile tifare per lui: per un motivo molto banale, il primo capitolo ce lo presente come un uomo innocuo, che reagisce solo se provocato. Il film è divertente, in alcuni tratti esagerato, esonda: eccessi macabri, dialoghi surreali, assurde, senza contare le citazioni latine e dantesche e le note dell’estate di Vivaldi che inondano le ampie stanze del Continental a presagire il massacro. Una nota positiva: la trama, più complessa, meno scontata (soprattutto se confrontiamo il terzo capitolo con il primo). In un futuro eventuale potrebbe godere di maggiore spazio il Bowery King, interpretato da Laurence Fishburne (spiace dirlo, ma la somiglianza con la donna dei piccioni, Brenda Fricker, in Mamma ho perso l’aereo 2, è innegabile).
Per chi avesse qualche dubbio, gli sceneggiatori si sono lasciati ampio margine di ripresa: John Wick è ancora vivo, è ancora ricercato, ma questa volta, ha un alleato in più.

Laura Caccavale

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