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"Jeune Femme" opera prima di Léonor Serraille al Rendez-Vous Festival

«È solo che prima ero tutto per lui e ora non sono più niente»: sintetizza così il suo malessere Paula, 31 anni e una storia d’amore fallita alle spalle. Non si rassegna all’idea di essere stata gettata tra i panni sporchi, per questo telefona, citofona, bussa alla porta dell’uomo che di punto in bianco ha deciso di non volerla più con sé. La storia di Paula inizia proprio dinanzi all’uscio di casa di lui, è inquadrata di spalle (così come molte altre volte nel corso del film), urla che le venga aperta la porta e la colpisce con la testa, in preda all’ira, per poi svenire e finire in ospedale con una ferita sanguinante sulla fronte. È il punto più basso che la protagonista tocca, necessario per iniziare il suo percorso di maturazione e presa di coscienza, il suo cammino verso la libertà e la riappropriazione di se stessa.

A dare corpo e voce a Paula in “Jeune femme”, opera prima di Léonor Serraille (sue regia e sceneggiatura), è una impeccabile Laetitia Dosh, perfetta in questo ruolo di donna borderline, che dovrà toccare picchi bassissimi di povertà (umana ed economica) per potersi risollevare. La pellicola ha chiuso la quarta giornata di “Rendez-Vous – Festival del Cinema Francese”, a Roma fino al 10 aprile, rassegna che poi si sposterà a Bologna, Firenze, Milano, Napoli, Palermo e Torino per portare il meglio della filmografia contemporanea d’oltralpe, 

"Jeune femme” è stato in gara al 70esimo Festival di Cannes nella sezione Un certain Regard. Sempre nel 2017 ha vinto il premio come Miglior film francese indipendete al Champs-Élysées Film Festival. Nonostante porti sul grande schermo una storia già vista, letta e sentita, quest’opera prima di Léonor Serraille ha il merito di raccontarla con semplicità e fluidità. Il vero punto di forza è certamente l’interpretazione di Laetitia Dosh, che nonostante tutti i difetti del suo personaggio ce lo propone con una energia e una veridicità tali da non passare inosservati .I 96 minuti di durata del film si reggono interamente sulla sua interpretazione convincente, calzante e appassionata, che ci restituisce un ritratto dettagliato della protagonista. 

Paula è fragile, stravagante, a tratti isterica, incostante ma anche ironica, certamente problematica e difficile da gestire, molto bugiarda. Dice di essere esperta di bambini per essere assunta come baby sitter e si definisceJeune femme 1 una persona organizzata e maniaca dell’ordine e della pulizia per entrare come commessa in un negozio di intimo. Non esita a fingersi un’altra persona quando una bella ragazza di nome Yuki (Léonie Simaga) la scambia per una sua vecchia compagna di scuola. Paula diventa Sarah, per convenienza, per diventare qualcosa in quel suo sentirsi un informe nessuno senza meta, senza famiglia e senza amici. Paula, insomma, è un personaggio profondamente umano e quella cicatrice sulla fronte che si procura a inizio film la accompagnerà fino alla fine, come a ricordarglielo e ricordarcelo. Ma invece di soccombere trova la forza di risollevarsi. Anche quando il suo ex fidanzato Joachim (Grégoire Monsaingeon) torna alla carica lei lo respinge, non torna sui suoi passi: l’uomo non sopporta di essere stato dimenticato, non tollera che la vita di lei sia andata avanti e si rifà vivo. «Non mi ami più?», le chiede. «Nemmeno tu mi ami più» risponde Paula. La donna ha ormai raggiunto un nuovo livello di consapevolezza, grazie anche alla conoscenza di Ousmane (Souleymane Seye Ndiaye) e alla scoperta di aspettare un bambino, notizia che la metterà di fronte ad una decisione importante da prendere.

A fare da sfondo alla storia di Paula è la città di Parigi, ma non la Parigi dei cliché che incanta e seduce, ma una città inospitale, una metropoli ostile che ti divora. Il continuo vagabondare della donna si snoda attraverso una giungla di facce stanche nelle strade di periferia, di affollati treni, di squallide stanze d’albergo e ospedali. Inquadrata di spalle è solo una tra le tante Paula, quasi non ci si accorge di una sua caratteristica fisica particolare a cui accenna Yuki: quella di avere gli occhi di due colori diversi. Il primo piano che chiude il film e che ce li mostra in tutta la loro limpidezza è emblematico proprio per questo.

Giuseppina Dente 08/04/2018