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Festival del Cinema Spagnolo a Roma: "Carmen y Lola"

Ha tutta la freschezza e la tenerezza del primo amore il film di Arantaxa Echevarría, "Carmen y Lola". Presentato alla Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes 2018, l’opera prima della regista spagnola ha riscosso un grande successo, celebrato dalla vittoria di due Premi Goya nel 2019 per il miglior regista esordiente e per la miglior attrice non protagonista a Carolina Yuste. Il cast è composto in gran parte da attori non professionisti, comprese le protagoniste, entrambe appartenenti ad una comunità gitana e che hanno lottato contro i pregiudizi delle loro famiglie per poter prendere parte a questo progetto. L’ultimo riconoscimento risale a qualche giorno fa, quando Carmen y Lola vince il premio come miglior film al “Lovers Film Festival”, rassegna cinematografica dedicata alle tematiche LGBTQ. È stato, inoltre, proiettato al Cinema Farnese a Campo de Fiori nell’ambito del Festival di Cinema Spagnolo (2-8 maggio).

Ambientato in una comunità gipsy spagnola, il film racconta da un punto di vista tutto femminile la scoperta della sessualità e identità di due giovani donne. Carmen (Rosy Rodriguez) è in procinto di fidanzarsi con Rafa e creare una famiglia con lui, come tutte le brave ragazze gispy, mentre Lola (Zaira Romero) non vuole sentir parlare di matrimonio, frequenta una scuola di gajo, di non gipsy, disegna bellissimi graffiti e sogna di scappare dalla gabbia in cui è rinchiusa. E, soprattutto, è lesbica: impensabile in un mondo come il suo. L’incontro tra le due ragazze le porterà a scoprire la dolcezza dei primi baci, degli sguardi e delle carezze rubate, l’incertezza e la paura di essere scoperte, fino ad un bivio: abbandonare il loro amore o la comunità di cui hanno sempre fatto parte.

Arantaxta Echevarría descrive in maniera accurata e attenta la complessa vita all’interno di una comunità gipsy, dove l’autorità maschile e patriarcale è legge e le donne hanno il ruolo di mogli e madri, ma nient’altro. Persino il sogno che ha Carmen di diventare parrucchiera non le appartiene, perché è l’unica alternativa rispettabile all’essere moglie e madre. Non è contemplata la possibilità di varcare i confini della comunità, di cercare contatti con altri che non siano gipsy. In un mondo così chiuso e ottuso, tuttavia, non mancano personaggi, soprattutto femminili, forti e indipendenti: oltre alle due protagoniste, resta impressa Paqui (Carolina Yuste), giovane educatrice di un’associazione, amica di Lola e l’unica in grado di comprendere i suoi sentimenti, così come Flor, la madre di Lola, sostenitrice del desiderio della figlia di apprendere ciò che c’è nel mondo contro il volere paterno. I padri sono, infatti, figure ingombranti, bigotte e violente.

Nel film si alternano realismo e favola (le scene del lavoro al mercato si contrappongono alle piccole fughe romantiche delle due adolescenti), momenti leggeri e drammatici, in un equilibrio delicato, che conduce lo spettatore al finale, in cui, come nelle migliori favole, l’amore trionfa, ma ad un caro prezzo, perché, dopotutto, viviamo nella realtà: Lola viene crudelmente rinnegata da suo padre e non può più far parte della comunità. Con l’aiuto di Paqui, le due ragazze scappano verso un futuro ignoto, consapevoli di poter contare l’una sull’altra. Assume, così, un significato il contrasto tra la scena di apertura del film, con Carmen che indossa gli abiti della cultura gitana, in attesa della festa di fidanzamento, quasi appesantita dal peso dei gioielli, e la scena finale, dove entrambe hanno abbandonato i vestiti su una spiaggia e corrono verso il mare. Finalmente libere di amarsi e di essere solo se stesse. Carmen e Lola.

Maria Castaldo 4/05/2019