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Due piccoli italiani – avventura e follia nel rocambolesco road movie di Paolo Sassanelli con Francesco Colella

Parlare di disagio psichico adottando il registro della commedia non è mai stata cosa semplice per il cinema. Ancora meno in Italia, dove gli esempi si potrebbero contare sulle dita di una mano. È sul solco di uno di questi, il riuscito "Si può fare" di Giulio Manfredonia, che pare innestarsi l'opera prima di Paolo Sassanelli, una solida carriera d'attore alle spalle e un paio di corti acclamati dalla critica. Il suo "Due piccoli italiani", avventura tragicomica di due amici problematici ritrovatisi, di colpo, alle prese con un viaggio che dalla Puglia li porterà fino a Rotterdam e poi in Islanda, è, da una parte, una nuova variazione sul tema, dall'altra, l'occasione per mettere in scena un'anomala quanto sentita fiaba moderna. italiani1

D'altronde, Felice e Salvatore (lo stesso Sassanelli assieme a Francesco Colella) sono dei personaggi fuori dal mondo, individui assurdi e naif persi in questa storia che ibrida il buddy movie con il road movie, la gag da commedia a momenti più drammatici e riflessivi, raccogliendo il tutto sotto un'atmosfera vagamente sognante e fantasiosa.

E se il dato storico e sociale sembra restare la base di partenza (la legge Basaglia e le problematiche legate alla malattia mentale), a interessare davvero a Sassanelli paiono essere i suoi disastrati antieroi, con le loro fragilità, i loro difetti, le loro ossessioni. È proprio attraverso l'affetto per questa umanità disperata e alle prese con un mondo che non capisce e che, spesso, non la capisce, che il regista trova così il proprio sguardo e la propria sensibilità, arricchendo il film (soprattutto grazie al personaggio di Felice: una sorta di Rain Man che Sassanelli interpreta con grazia e aderenza) di una tenerezza autentica e immediata.

Certo, i problemi non mancano in questa parabola rocambolesca e moraleggiante che condanna il provincialismo solo per poi ritrovarlo in una rappresentazione idealizzata e irreale dei paesi del nord Europa, o che indugia fin troppo in scene e siparietti comici francamente sacrificabili. Eppure "Due piccoli italiani" resta, a suo modo, un interessante quanto curioso viaggio di formazione, forte dell'interpretazione dei suoi interpreti e ancorato a uno sguardo che li scruta, li accompagna e li valorizza. Senza perdere mai la tenerezza.

Mattia Caruso, 15/06/2018

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