È proprio una donna con le palle. Una frase semplice, un’espressione tipica del linguaggio comune, alla stregua di un aforisma: un modo di dire che racchiude l’idea di una donna autoritaria, “cazzuta” (altro fallo), essenzialmente dotata di quella forza che per natura è prerogativa dell’uomo, quello vero. Ma cosa spinge qualcuno, anche solo per un complimento potenzialmente innocuo, ad attribuire a una donna gonadi che non le appartengono?
Dicktatorship - Fallo e Basta!, docufilm di Gustav Hofer e Luca Ragazzi, in sala dal 10 giungo, cerca una risposta a questa domanda, indagando il maschilismo ancora insito nella società italiana di oggi. Già registi di Improvvisamente l’estate scorsa sul tema dell’omofobia, What is Left? sulla crisi della sinistra e Italy: Love it or Leave it, sulla fuga dei giovani dal Bel Paese, Hofer e Ragazzi si muovono bene nei temi caldi. Lo fanno con arguzia e semplicità, servendosi di un montaggio che parla per accostamenti e di un racconto dal linguaggio diretto, a tratti ironico, mai banale. Ed è proprio il linguaggio, quello dei pareri più disparati - da personaggi dello show business (Rocco Siffredi) alle personalità della politica (Laura Boldrini), dal mondo scientifico a quello cattolico - a fare da collante in questo viaggio nella patria del latin lover, in cui misoginia e omofobia vanno di pari passo e la virilità maschile è un valore da preservare a tutti i costi. Se a tratti il documentario ricorda le inchieste degli anni Sessanta, come nella scena in cui, fuori da un liceo romano, i registi intervistano un gruppo di ragazzi sull’eventualità di un figlio omosessuale, a emergere è un ritratto grottesco di una Nazione in cui quell’ingenuità di fondo dei Comizi d’amore pasoliniani ha definitivamente lasciato il posto a una sconfitta, quella di battaglie femministe che non hanno mai visto un reale coinvolgimento maschile nella causa. Del resto, come ripete Gustav a più riprese, in mezzo ci sono stati vent’anni di berlusconismo, cosa ci aspettavamo? Il presente si interseca così con le testimonianze di quel passato recente che lo hanno inevitabilmente condizionato. Quelle occasioni che vedono politici di sesso maschile denigrare una collega donna per poi nascondersi dietro il pretesto di un innocuo scherzo goliardico. Perché, non ce lo dimentichiamo, oltre a «do it better», il maschio italiano detiene pure il primato della simpatia. Ma la nuda e cruda verità è che, in fondo, siamo tutti maschilisti. Del resto, così ci educano, così ci parlano ancor prima di uscire dal grembo, così ci abitua il sistema mediatico, così ci vogliono. Allora, il primo passo per cambiare qualcosa è accantonare il machismo e con esso l’idea di una legge naturale del testosterone che vuole l’uomo al potere e la donna sottomessa. Perché in una società civile vige il diritto, e i diritti, e non le regole della giungla.
Angela Santomassimo, 05/06/2019