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Claudio Giovannesi e Roberto Saviano incontrano il pubblico romano dopo la premiazione a Berlino

È stato un pomeriggio fortunato quello degli spettatori del Cinema Quattro Fontane di Roma, presenti alla proiezione de La paranza dei bambini, cui sono intervenuti il regista Claudio Giovannesi e lo scrittore Roberto Saviano. Al ritorno dal Festival internazionale del cinema di Berlino, dove il film ha ottenuto il prestigioso Orso d’argento per la miglior sceneggiatura, i due autori hanno svelato al pubblico alcuni degli aspetti che si sono rivelati fondamentali nella realizzazione dell’opera.

Il film, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Saviano nel 2016, torna, dieci anni dopo Gomorra, a parlare del mondo della criminalità organizzata. Il paradigma, tuttavia, è completamente cambiato: Napoli rimane il punto di partenza per scoprire le dinamiche archetipiche ed universali con cui la camorra opera nel mondo, ma i protagonisti non sono più i camorristi navigati ed eroici con cui le precedenti opere hanno permesso di entrare in confidenza. La lente si posa sulla generazione autentica di giovani ragazzi che anima le strade napoletane, dalla Sanità ai quartieri spagnoli: vittime di un precoce abbandono scolastico, spinti dal desiderio di lavorare, di ottenere quel prestigio che identificano con gli abiti indossati dai boss, Nicola e i suoi amici cominciano a giocare a fare il bandito, senza pensare che questa loro bravata è una strada a vicolo cieco, da cui è impossibile fare ritorno. Ci si ritrova, commossi, ad osservare la rapida ascesa di questi otto ragazzi, seguiti con eleganza dalla macchina da presa di Giovannesi, che osserva il mondo attraverso gli occhi del suo protagonista. Pare d’essere al suo fianco, seduti sul motorino, mentre la vicenda procede verso il suo epilogo e la tensione drammatica avanza. È proprio questa vicinanza, fisica ed emotiva al tempo stesso, che il regista cerca attraverso la grammatica delle scene, che vengono girate in sequenza e di volta in volta rivelate agli interpreti. Sui loro volti rubati all’infanzia, brillano sorrisi puliti, specchio dei sentimenti che portano dentro, punto focale di tutta la vicenda. Giovannesi torna alle periferie, quelle dell’animo umano, confini mentali dove i riferimenti, quelli strutturali delle istituzioni e quelli radicali delle figure paterne, sono scomparsi. Al loro posto, si è delineata una nuova figura di bambino-soldato, che, in un mondo in cui il denaro è la sola misura di tutte le cose, si sostituisce al padre ed accoglie su di sé, sulla sua fragilità di ragazzo, il futuro dell’intera famiglia. È un momento, nel film, che mette a nudo il cuore dello spettatore e vi scava un solco profondo: Nicola abbraccia la madre e in quell’abbraccio è racchiuso un destino, in un circolo vizioso che pare non conoscere il calore della speranza.

Valeria De Bacco 26/02/2019

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