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Al Tuscia Film Fest "La trattativa": proiezione e dibattito con Sabrina Guzzanti

La satira non deve far ridere per forza, ma porta a riflettere. E Sabina Guzzanti non è per nulla comica ne “La trattativa”, che pure ha un’impronta spiritosa con cui la regista sembra ridicolizzare e prendersi gioco dell’Italia mafiosa. È il film documentario di un cinema impegnato, scomodo per molti che non hanno avuto il coraggio di produrlo; che lo hanno applaudito alla sua uscita (settembre 2014) e poi gli hanno chiuso le porte in faccia; e considerato non degno di notiziabilità dai giornali. All’iniziale fermento mediatico corrispose, in definitiva, un totale disinteresse che proveniva non dal pubblico, ma dalla politica, com’era facile prevedere.
Forte del successo popolare “La trattativa” vanta fino ad oggi di 673 proiezioni tra l’Italia e l’estero, grazie all’apporto di manifestazioni culturali (quali i festival cinematografici) e ad iniziative private (come la programmazione nei cinema e cineclub). Tuscia Film Fest e Viterbo si uniscono a questa mega rete trasversale, documentata dalla stessa Sabina Guzzanti mediante video, immagini, riflessioni, considerazioni e commenti postati sui social network alla fine di ogni proiezione. E il dibattito non muore mai.
Lei è produttrice, regista, sceneggiatrice, attrice, imitatrice e voce narrante fuori campo di un racconto che procede a zigzag, proprio come la sua personale ricostruzione dell’orrore vissuto nell’Italia degli anni ’90 a causa delle azioni criminali di “cosa nostra”. La Guzzanti sfodera tutte le sue armi per inchiodare sul grande schermo la realtà dei fatti, investigata attraverso un meticoloso lavoro di ricerca tra i documenti giudiziari di pubblico dominio e letture saggistiche di approfondimento. Si dedicò, poi, con particolare interesse e curiosità all’ascolto delle registrazioni su radio radicale dei processi di stampo mafioso: molto divertente è sentirla parlare, mentre rivive quei momenti, che l’hanno anche fatta ridere per il modo con cui giudice e imputato si apprestavano a colloquiare.
L’arte del comunicare non ha ostacoli quando è forte l’idea che la aziona: svelare l’infame e intricata trama di relazioni compromettenti tra gli uomini di cosa nostra e i politici, mappandone i collegamenti con una grafica, facilmente intelligibile; ricreare con la scenografia più essenziale (tre pareti, un tavolo e due sedie) e il travestimento in diretta (trucco e parrucco sul set) ambienti e personaggi simboli di un passato vergognoso e di un presente altrettanto ignobile; ripercorrere a mo’ di fumetto l’infallibile piano stragista attuato in via Mariano d’Amelio per una mafia incontrastabile; e le continue incursioni di registrazioni audiovisive nella scrittura scenica autenticano il racconto e rendono ancor più amaro lo sdegno generale per gli uomini e le donne caduti in nome della libertà, non assuefatti al “puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”.
Sabina Guzzanti sembra davvero fare propria la missione di Paolo Borsellino il quale diceva: “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.”.
Italia, un paese dove lo schifo avanza e dove regna l’indecenza.    
 
Simona Maiola 13/07/2015

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