Marzia Ercolani e la sua fiaba sulla speranza
Lo spazio è quello cubico di Teatroinscatola, una vera e propria scatola che ha ospitato per dieci giorni, a maggio, il nuovo lavoro di Marzia Ercolani “Sono morta anche io – diari di una fetocchia d’eccezione”.
Nessun altro luogo scenico, limitato, quasi claustrofobico, avrebbe reso alla perfezione questo lavoro di ricerca su stessa, di scavo nelle profondità del pensiero, di scoperta di una risposta da donare a sé e al mondo. Tutto è equilibrato, gli oggetti di scena creano una struttura ideale e simmetrica in cui si può muovere agilmente l’unico personaggio, che accoglie in sé voci diverse. Quello di Marzia Ercolani è uno spettacolo a più strumenti che tendono in un’unica direzione, votati a creare un movimento di scossa alle coscienze, attraverso giochi infantili di parole che mutano in filastrocche. Ci mostra una realtà in cui tutto sembra morto, in cui sembra non ci sia via d’uscita, in cui solo lei è rimasta a giocarsi l’identità su un monologo puntellato di un’ironia fiabesca. Eppure no, non è sola. Attraverso la creazione di un ponte tra realtà e fantasia, tra quotidianità e fiaba, permette di vedere con più chiarezza quelle tensioni che legano alla resistenza. Perché in un mondo di sgretolamento e di sofferenza non si può fare altro che resistere. E lei lo ribadisce, con forza, con dolore, cerca di mostrare la realtà di branco a cui tutti siamo destinati, se non si reagisce. “L’idiozia è sempre in agguato”, dice. Ci mette in guardia sul rischio di rimanere catturati nei meccanismi superficiali di passatempo, sulle piccole mancanze quotidiane che diventano con facilità un progetto di vita. Si ascolta, silenziosamente e non senza imbarazzo. Si muove in una vita sofferta e sofferente che accetta e vuole condividere con tutti gli occhi che sono lì a guardarla. Per scoprire la sua grande speranza: “In questa casa sono tutti morti. Tranne uno. Che non muore mai. Se facciamo silenzio, forse ancora lo possiamo udire”.
(Claudia Quaglieri)
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