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“Trash”: l’avventura (troppo) straordinaria di tre ragazzi delle favelas

 

“Non avere più timore, tutto è compiuto”. Da questo “mantra” che ritorna più volte e che lascia presagire il lieto fine della storia, si potrebbe trarre la parola chiave per rintracciare il limite del nuovo film del regista di “Billy Elliot” (2000), The Hours (2002) e The Reader-A voce alta (2008): “tutto”, anzi troppo.

E già, perché la storia (basata sull’opera letteraria di Andy Mulligan) di Rafael, Gardo e Rato, tre ragazzi che vivono tra le discariche e le favelas di Rio de Janeiro, è straordinaria, ma finisce per esserlo davvero oltre misura.

In un calderone ricolmo di generi (azione, spionaggio, political drama, avventura) si perde il fascino della storia di portata” rivoluzionaria”, che parte con il ritrovamento in discarica di un portafogli e finisce per raggiungere le alte sfere corrotte della politica di Rio. Povertà e voglia di rivalsa, dramma esistenziale e ironia leggera, codici da decifrare e una vita da riscattare (quella di Josè Angelo, ex braccio destro di un deputato intriso di grasso e corruzione): resta da accettare (e la sospensione di credulità dello spettatore più disposto va in crisi) che tre ragazzini malnutriti, semianalfabeti e soli contro la terribile violenza delle strade di Rio, riescano a innescare un capovolgimento politico e se ne vadano poi felici a vivere al mare, dove "si sa", ci vivono solo i ricchi. Dimenticate la samba, il carattere festoso dello stereotipo “carioca”, il calcio e quel Cristo che dall’alto abbraccia tutti: rimangono solo i rifiuti (da cui il titolo “Trash”), le contraddizioni e i missionari cristiani (come il simpatico padre Juilliard, interpretato da Martin Sheen e la maestrina Olivia, interpretata dal premio Oscar  Rooney Mara, già pupilla di David Fincher e prossimamente sul grande schermo per Terrence Malick), che tentano di aiutare la povera gente.

Con una tecnica narrativa che sovraimprime gli intrecci, dissemina indizi, ma si espone al rischio delle incongruenze,  Daldry confeziona una storia alla “Ducktales”, mascherandola dietro una spy-story esagerata.

Davvero straordinarie queste tre “giovani” marmotte delle favelas: troppo.

 

(Adriano Sgobba)

 

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