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“Un giorno devi andare”: in fuga dal dolore dove tutto è così più grande di te

Una donna vedova che, assistendo la madre in ospedale, legge “Cuccette per signora” di Anita Nair. Sua figlia, Augusta, lungo il suo peregrinare in Amazzonia, legge “Attesa di Dio” di Simone Weil. La prima si trincera tra le montagne fredde del Trentino, la seconda attende il Natale in un clima tropicale fra gli Indios. Le distanze fra le due donne si faranno sempre più incolmabili.

Il film “Un giorno devi andare”, di Giorgio Diritti, si apre su un cielo notturno coperto di nuvole: in alto, la luna si vede solo in parte mentre, in basso, l’immagine di un’ecografia fetale diventa sempre più nitida. Augusta piange, in fuga da un passato e da un figlio che non c’è più e verso risposte a domande che la intrappolano in silenzi e in monologhi interiori.

E’ un viaggio cadenzato da “stazioni” di un passaggio verso cui Augusta si ostina ad andare. Prima lungo le rive del fiume, accompagnando Suor Franca che cerca di evangelizzare gli Indios, poi, da sola, tra le favelas di Manaus, infine di nuovo lungo il corso dell’acqua e della sua solitudine.

“In fuga dal dolore dove tutto è così più grande di te”, in un paesaggio che stupisce, in cui il fiume sembra grande quanto il mare e tiene in balìa corazze e gusci di esistenza. Augusta, che non comprendeva come mai Suor Franca dovesse imporre agli Indios un Verbo che non capivano, ritornerà “ad essere terra”, fra le palafitte lungo il Rio Negro e, nonostante non possa più essere madre, tenterà di occuparsi di quella comunità, di prendersi cura di quelle vite e di quei posti “che non sono per signore”, come le viene detto in tono di sfida. Le inquadrature cambiano e si avvicinano su di un bacio furtivo, un nuovo sorriso, laddove prima era impensabile anche il solo fingerlo, sui panni altrui dentro cui Augusta cercherà di calarsi, ma la macchina da presa si scontrerà con l’avanzare della cupidigia e delle nefandezze umane. Così Augusta tornerà lungo il fiume, fra piani grandissimi e il fluire delle domande che si faranno eco di ciò che nome non ha. Il paesaggio torna sovrano e la figura della giovane donna sembra stare al suo fianco lambendo le sfumature di dove tutto è più piccolo e incerto.

 

(Manuela Margagliotta)

 

 

 

 

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