“True detective”. L''eterna battaglia tra il Bene e il Male
Louisiana. Il giallo ocra di interminabili distese di campi offre lo scenario di una natura sovrastante, che nell'uomo s'imprime e si manifesta coi suoi accenti più minacciosi. Una terra di reverendi e prostitute, di baracche e di paludi che sembra non conoscere l'esistenza del mondo reale al di là di una piantagione di cotone.
È questa l'ambientazione, aperta e opprimente, assolata e non priva d'ombre, di “True Detective”, la crime serie noir di successo della HBO, ideata da Nic Pizzolatto e diretta dal promettente Cary Fukunaga, conclusasi la scorsa domenica in America, registrando un nuovo primato nella frontiera degli ascolti 2.0: oltre ai teleaffezionati, il numero di utenti cibernauti, pronti a guardare l'ultima puntata in streaming domenica scorsa, ha mandato in tilt il server del canale di trasmissione comportando non pochi disagi.
Un successo del tutto meritato per una serie di sole otto puntate di un'unica stagione, chiusa e conclusa senza volontà di continuazione - se non (forse) con storie e personaggi totalmente diversi – che vede protagonisti il fresco premiato d'Oscar Matthew McConaughey - ormai sempre più duttile e trasformista - e Woody Harrelson.
È il 2012 e i due ex detective, Martin Hart e Rust Cohle, vengono convocati separatamente dagli agenti di polizia per fornire informazioni su di un caso d’omicidi rituali su donne e bambini del 1995, da loro risolto: a distanza di svariati anni qualcuno si diverte a giocare con la firma dell’assassino.
Il ricorso ai flashback va interamente a ricostruire la storia del caso e del rapporto tra i due colleghi, interrotto nel 2002. “I parenti, come i partner, non si scelgono” si giustifica Martin per spiegare la relazione da sempre scontrosa con Rust: se il primo è l’esempio compiuto di persona “inquadrata”, o più semplicemente d'uomo americano “tutto d'un pezzo” ma al contempo di mentalità provinciale, il secondo è l'emblema dell’intelligenza corrosiva, dannosa tanto per altri quanto più per se stesso, del nichilista dal passato nebuloso la cui percezione dei fenomeni è sempre un passo avanti al comune appiattimento d’intuizione. Perché la sensazione che si avverte attraverso la visione di ogni singola puntata, attraverso la ritualità di ogni singolo omicidio è sempre quella di un rimando a un piano altro, all'esistenza di un mondo metafisico, di energie cosmiche che fanno sentire la propria forza e in cui si gioca l'eterna battaglia tra Bene e Male.
(Laura Marano)
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