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“Un ragionevole dubbio”, thriller in salsa agrodolce

Peter Howitt, alias Peter P. Croudins, dopo una lunga pausa cinematografica durata ben sei anni e qualche tappa televisiva che lo ha visto regista prolifico, tra serie  e film tv, torna a rimaneggiare una sceneggiatura degna senz’altro della migliore tradizione thriller made in U.S.A.

A riportarlo sul grande schermo una storia dai tratti avvincenti firmata Peter A. Dowling, già autore di “Flightplan - Mistero in volo”, dove un’impeccabile Jodie Foster diventava suo malgrado protagonista di un copione mozzafiato e claustrofobico che certamente teneva alta la tensione dello spettatore, e non a caso foriero di grande successo di pubblico prima negli Stati Uniti e poi all’estero.

Questa volta la vicenda non è ambientata ad alta quota bensì a Chicago, dove Mitch Brockden (Dominic Cooper), di professione procuratore distrettuale, ha appena avuto una splendida bambina dall’altrettanto graziosa moglie. Inanellando un successo dietro l’altro, sia professionale che personale, tutto nella sua vita sembra procedere al meglio. Ma come in ogni film che si rispetti ecco arrivare puntuale l’accadimento fortuito che metterà in moto tutto l’arco narrativo del film, un classico dei classici: l’incidente. Dopo una serata passata con gli amici a festeggiare, coscienzioso come pochi nella vita reale sarebbero, Mitch infatti è deciso a tornare in taxi, avendo bevuto più del necessario. Ma un gruppetto di ragazzacci si è avvicinato sospettosamente alla sua auto e timoroso di un assai probabile furto, decide di riprendersi la macchina e tornare. Ma la coscienza sporca spesso fa più vittime della realtà stessa, si sa. E nell’accostarsi, erroneamente convinto di esser stato fermato da una volante della polizia che lo segue a breve distanza, gira l’angolo e investe un uomo. Preso letteralmente dal panico, ma dimostrando sempre un buon cuore, nel chiamare l’ambulanza per soccorrere il malcapitato, gli basta osservare un secondo la foto della sua famigliola, nonché vita, felice per prendere quella che a suo avviso è la decisione migliore, per salvare se stesso e l’uomo: chiamare i soccorsi da un telefono pubblico. Tutto sembra apparentemente al suo posto - escluso certo qualche ovvio rimorso di coscienza - finché apprende al tg che un certo Clinton Davis (Samuel L. Jackson), è stato arrestato per l’omicidio dello stesso tizio da lui investito. Assai (poco) furbescamente decide così di vestire i panni del procuratore al suo stesso processo e tentare, nonostante si trovi dalla parte della pubblica accusa, di salvare quello che a sua insaputa sembrerebbe diventato il suo personale capro espiatorio. Ma un dubbio, un “ragionevole dubbio”, instillatole dall’agente di polizia assegnata al caso, si insinua nella sua testa. E per far luce su di esso metterà a rischio, stravolgendola, proprio quella vita che aveva tanto faticato a tenere sotto vetro.

Una trama fitta, ricca di spunti e di svolte narrative, assimilabile quasi al filone horror, dove protagonisti spaventati, poco lungimiranti e presi costantemente alla sprovvista si imbattono di volta in volta in situazioni paradossali e dove la scelta migliore si rivela esser sempre la peggiore, a discapito loro e della stessa narrazione filmica. Un copione originale e affascinante nell’idea, cast incluso, ma non altrettanto nella realizzazione, che nel tentativo di rincorrere pedissequamente le tracce dell’eroe buono, finisce per disarmare anche il più ingenuo degli spettatori.

 

(Noemi Euticchio)

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