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“Tutto sua madre”: l’esordio cinematografico di Guillaume Gallienne

“Sono un attore che ha fatto gavetta imitando la madre per tutta la vita, un biglietto da visita convincente, non trovate?” afferma con ironia Guillaume Gallienne, interprete e autore di questo film, che prima di intraprendere la strada artistica ha combattuto faticosamente per conquistare la sua identità sessuale. La pellicola è un lavoro di rielaborazione e approfondimento del pièce teatrale “Les Garçons et Guillaume, à table!“ con cui Gallienne ha già conquistato un enorme successo in Francia. Egli stesso, durante un’intervista, afferma: “Ho capito che la pièce era piaciuta molto e ho deciso di fare questo film perché bisogna guardare mamma da vicino per capire ciò che l’anima, per sentirla in modo profondo e lasciare che il sorriso si confonda nell’osservazione dei dettagli che apparivano invisibili nella mera e semplice presenza scenica”.  La parabola filmica esplora l’intimità di un ragazzo cui hanno imposto l’omosessualità, e quando la famiglia t’incastra in un ruolo è difficile liberarsene, forse impossibile, decisamente frustrante. Guillaume interiorizza le parole della madre e ne fa un verbo assoluto, la sua presenza è incessante: il giovane la vede ovunque, come un fantasma interiore che non può esorcizzare. Gallienne interpreta entrambi i ruoli, il confronto esilarante buca lo schermo e dichiara una tragicità senza lacrime: sotto il sorriso ingenuo di un adolescente, milioni di pensieri si affollano nella drammatica ricerca della propria identità. Guillaume non può assomigliare a se stesso, perciò si ritaglia la personalità a immagine e somiglianza delle donne della propria vita: interiorizza la bellezza di ognuna di loro studiandone gli sguardi, i movimenti delle mani, i respiri e si delinea, così, un ritratto magnifico dell’universo femminile che sbaraglia tutti i luoghi comuni su di esso senza lasciarne traccia. Questo film non indaga l’omosessualità di Guillaume, quanto piuttosto il suo ruolo da omosessuale: se la madre gli ha detto di essere gay è naturale che lo sia e bisogna che se ne faccia una ragione. Il giovane regista deve studiare il suo copione ed essere, in tutto  e per tutto, uguale al modello di fabbrica: la mamma! 

La macchina da presa si tuffa tra le profondità emozionali di Guillaume per svelarne i sogni, le incertezze, le paure.  Lo spettatore è dentro la storia e cammina insieme al protagonista; vede e sente attraverso gli occhi e le orecchie del regista, immagina, ama e odia con il suo cuore.

 

(Federica Bello) 


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